Un saggio a cura di Simona Guerra scritto in forma di intervista raccogliendo brani di conversazioni con il celebre fotografo. Giacomelli ormai anziano, si concede raccontando episodi, storie e motivazioni della sua fotografia. Narra la sua vita attraverso le sue serie, mostra il suo carattere spigoloso ma sincero e diretto, le sue idee anticonformiste. Al di là degli aneddoti il libro è interessante perchè aiuta a comprendere la poetica di un grande autore. Giacomelli si pone al di fuori delle classifiche, non è solo fotografo, poeta, pittore, unisce le tre categorie. Un fuoriclasse e come tale inimitabile, copiandone lo stile si può diventare al massimo un suo clone. Pur non essendo un libro fotografico vero e proprio ci sono fra le pagine alcune immagini tratte dalle serie più importanti, sono fotografie che lasciano il segno, i bianchi tirati al limite e i neri profondi si mescolano in foto potenti. Qualcuno ha detto che le sue fotografie sembrano quasi disegnate con un pennarello nero a punta grossa. Certo il suo stile non era merito di chissà quale attrezzatura, ha sempre utilizzato una vecchia e pesante fotocamera Kobell modificata artigianalmente secondo le sue esigenze, negli ultimi tempi tenuta insieme dalle saldature e dal nastro isolante. Più volte dichiarò che quando la sua macchina si fosse definitivamente guastata lui avrebbe smesso di fotografare. Giacomelli rivendicava il fatto di non essere professionista, di fotografare solo quando lo desiderava e quando poteva, spesso solo la domenica impiegando fino a tre anni per concludere un lavoro. Non inseguiva il successo e il denaro ma la sua vena creativa; la serie del mattatoio non venne mai conclusa perchè non riusciva a stare ed a lavorare in un luogo pieno di tanto dolore. Non fuggiva però la sofferenza, le serie negli ospizi sono fra le più ispirate, la vecchiaia e il declino erano ben presenti nella sua poetica e temute più della morte stessa. Le sue fotografie esistevano prima dentro di lui e soltanto successivamente le produceva su pellicola. Spesso era in contrasto con certa critica che badava alla forma più che alla sostanza, ma fu anche riconoscente a chi invece riusciva a capirne le motivazioni e la sensibilità. In questo senso, importante fu la sua amicizia con il pittore Alberto Burri. "La mia vita intera" è un libro che mi sento di consigliare a tutti coloro che amano la fotografia, è di facile lettura ed anche divertente ma regala concetti importanti per conoscere l'uomo e l'artista Giacomelli. Forse il primo fra tutti: "La fotografia è una cosa semplice, a condizione di avere qualcosa da dire", qualcosa di autentico. post Corrado Pini I commenti sono chiusi.
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Marzo 2024
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