Durante una recente serata ci siamo chiesti se il valore del lavoro di un autore diminuisce quando utilizza all'interno di una sua opera parti o frammenti di lavori altrui. In particolare se ne soffre la sua autorialità e la sua identità artistica. Credo che l'argomento sia complesso e meriti approfondimento ma come sempre posso indicare le domande e meno le risposte. Naturalmente nel mondo digitale è più semplice operare sulle immagini ma anche in passato abili stampatori potevano in camera oscura modificare a piacimento le fotografie. La storia dell'appropriazione arte è lunga. Il primo è stato forse Duchamp che ha elevato al rango di arte (qualsiasi cosa il termine voglia significare) oggetti di uso quotidiano "ready-made", già fatti. L'artista non produce più nulla ma soltando decide ciò che è arte, magari solo una ruota di bicicletta. Andy Warhol prese lattine di zuppa, bottiglie di bevande commerciali e le reinventò. Utilizzò immagini non sue di Marilyn Monroe e le ricolorò facendole icone che oggi vengono associate soltanto a lui. C'è chi è andato oltre.
Mimmo Rotella, importante autore del panorama artistico italiano del dopoguerra, trovò l'idea vincente e il modo di esprimersi che gli ha dato fama: il décollage. Recuperava nottetempo manifesti pubblicitari strappati. La stratificazione, l'incollagio e la lacerazione casuale formavano la base che poi adeguatamente rielaborata in studio diventava opera. L'opera figlia del caso, non totalmente creata ma trovata, riconosciuta ed elevata dall'artista. Ancora di più? Richard Prince pittore e fotografo ha costruito la strategia creativa sull'appropriazione e ha aperto il genere della rephotography. Un esempio chiarificatore: il lavoro Cowboy dove ha ripreso le fotografie della campagna pubblicitaria di una celebre marca di sigarette che si basavano su foto dell'epopea del west americano, eliminando marchi e scritte. Un altro caso importante, Sherrie Levine ha ri-fotografato opere e ne ha fatto lavori come la serie intitolata "After Walker Evans". Quindi non contaminazione o incorporazione ma appropriazione totale. Provocazione intelligente o abile operazione commerciale? Credo che ogni caso sia diverso e vada valutato. La contaminazione è sempre positiva e direi inevitabile se non altro perchè la nostra stessa cultura personale è frutto di una mescolanza inestricabile di tutto ciò che abbiamo visto e sentito da quando siamo venuti al mondo. Ai posteri l'ardua sentenza ma non dimentichiamo che anche Picasso, non l'ultimo arrivato in questioni di arte diceva: “I mediocri imitano, i geni copiano”. post di: Corrado Pini Inizio con un'evidenza alla Catalano, l'erotismo è cosa diversa dalla pornografia, non ci piove. Maneggiare l'argomento porno è complicato. Lucio Braglia del Circolo degli Artisti di Reggio Emilia ci ha proposto, nel consueto giovedì di incontro con l'autore di Parmafotografica, un lavoro ricco di contaminazioni e ibridazioni. L'autore ci racconta che l'idea gli girava in testa da tempo ed è riuscito a realizzarla pienamente quando ha trovato infine un linguaggio adatto e soddisfacente. Tecnicamente si tratta di fotogrammi selezionati da filmati a luci rosse reperiti sul web, rifotografati, post-prodotti e filtrati "a togliere" quanto possibile. Il rimanente, l'essenziale depurato dall'aspetto pruriginoso, viene stampato su una carta appositamente stropicciata e maltrattata ottenendo un effetto che osservato da lontano somiglia all'acquarello e più da vicino regala un effetto tridimensionale molto efficace. L'mmagine ottenuta è montata su larghi pannelli con evidenti segni a matita a delimitare rettangoli aurei. La sensazione finale in certi casi è quella di essere di fronte ad immagini del filone dell'arte erotica giapponese. Non quelle di Nobuyoshi Araki decisamente più esplicite, ma piuttosto quelle di immumerevoli artisti orientali che producevano opere delicate ed eleganti, su carta di riso. Il dibattito si è poi diramato in molteplici direzioni, toccando la storia della fotografia con l'immancabile dualismo analogico/digitale, le caratteristiche della sezione aurea, proporzione che troviamo ovunque in natura e considerata canone di bellezza, l'utilizzo di materiale "ready-made" all'interno di nuove opere come nel caso di "C'era una volta il porno". Tanta carne al fuoco, tanti spunti da approfondire che una bella serata di discussione ha potuto solo sfiorare ed introdurre. Simpatico l'aneddoto avvenuto durante una delle uscite pubbliche di questo portfolio che ha partecipato anche a fotografia Europea. Durante una delle mostre un'anziana coppia ha avuto reazioni opposte, mentre lei ha normalmente visitato l'esposizione, lui è rimasto immobile al centro della sala con fare imbarazzato, in attesa della moglie. Qui inserisco il mio pensiero riguardo alla Gestalt cioè al problema della percezione e del fatto che la mente recupera le parti mancanti di un'immagine.
Classico l'esempio del disegno dei vertici di triangoli che vengono visti completi secondo la regola che il tutto è più della somma delle singole parti. Ecco, nelle immagini pur depurate, filtrate e rese grafiche, c'è sempre la traccia dell'origine a luci rosse e la mente (sicuramente quella maschile, per le donne non dico) completa le parti mancanti. Per questo affermo che "Cera una volta il porno", c'è ancora e ci sarà sempre. Sarebbe interessante conoscere il parere del lato rosa della luna, che ne dite? post: Corrado Pini Trovo complicato scrivere di quanto osservato lo scorso giovedì nella consueta serata di incontro con gli autori. Al termine sono più le domande irrisolte che le risposte raggiunte. Cos'è l'arte, come si riconosce? Per essere artisti basta dichiararsi tali, oppure la capacità di fare arte è cosa rara e solo alcuni ne sono dotati? Fino all'inizio del novecento l'aspetto tecnico era fondamentale, l'abilità dell'artista si manifestava nell'opera, fisicamente, materialmente, nella pietra o con il colore. Le idee a volte sovversive o anticipatorie si dovevano fare largo all'interno di un incarico commissionato che spesso aveva limiti e confini evidenti. Successivamente l'idea ha preso il sopravvento sulla realizzazione tecnica e oggi l'osservatore spesso rimane perplesso di fronte ad allestimenti ed opere come quelle di Duchamp.
della presenza dell'autore che possa introdurre in maniera corretta l'opera, altrimenti lo spettatore se non adeguatamente preparato rischia di perdersi.
Chi pensa invece che una fotografia debba riuscire a trovare in sè stessa la capacità di manifestarsi nel suo significato non potrà apprezzare più di tanto questo tipo di fotografia. Concetto o documento, filosofie diverse entrambe legittime che sembra possano fare fatica a convivere. In realtà ogni immagine può significare altro dalla sua evidenza ed è la nostra mente che ha bisogno di steccati e categorie. Proviamo a superare le barriere, anche se il tentativo fallirà credo che l'esperienza possa comunque arricchirci. post: Corrado Pini In questo caso il tema è "La famiglia" e i ragazzi lo hanno interpretato con buona personalità. Anzi le ragazze, perchè mai come questa volta sono state le donne a fare la parte del leone. La mostra, completata con le splendide immagini di Stefano Cavazzini è esposta presso il Caffè del Prato in piazzale San Francesco,1 a Parma fino al 16 febbraio 2018. La fotografia è uno spendido modo per imparare a vedere con più consapevolezza il reale e per esprimere la propria creatività. L'augurio è che i ragazzi possano continuare a coltivare il germoglio della passione per le immagini che è sbocciato in molti di loro. Nei soci di Parmafotografica cresce ancora rigoglioso, ne sono dimostrazione le tante presenze al brindisi di apertura, l'impegno messo dai tutor per la buona riuscita del corso e come vedete dalla foto di backstage, quello messo nell'allestimento. Il brindisi inaugurale di sabato scorso non sia quindi il punto finale della storia fotografica di questi ragazzi ma soltanto in termine del primo capitolo.
A ben pensare nemmeno di quello, perchè il vero capolinea del corso autunnale di fotografia sarà la consueta affollata divertente immancabile cena che ben presto verrà organizzata. Tenetevi liberi. post: Corrado Pini Gennaio, dopo una lunga sosta natalizia ci si ritrova con un rinnovato entusiasmo che la mattinata umida e nebbiosa non scalfisce, per la prima uscita del 2018. Si va nella vicina Montecchio Emilia per visitare il mercatino fotografico e le mostre nel castello medievale. La principale è quella dedicata a Ivano Bolondi, profeta in patria con una bella retrospettiva: Africa che si inserisce nella rassegna "I 5 continenti – Immagini come parole" Splendide immagini osservando le quali mi è sembrato di notare l'evoluzione dello stile di Bolondi nel tempo. Prima fotografie più descrittive in stile reportage e poi sempre più personali, quasi intimistiche dove dominano sfocati, ombre e colore. In castello non manca come sempre la possibilità di provare fotocamere ed obbiettivi dei principali marchi, oggetto dei desideri dei fotoamatori più tecnologici. Da sottolineare la proposta di Alessandra Calò, "Officine meccaniche reggiane (e altre storie)"
Sempre molto originale ed ermetica, la ricordiamo ospite del nostro circolo qualche anno fa. Come ormai nostra tradizione non rinunciamo a salire la torre campanaria che domina Montecchio Emilia per catturare qualche panorama dall'alto. La bella mattinata passata insieme a tanti appassionati è stata la prima di tante altre giornate di fotografia che arricchiranno il 2018 che è davanti a noi. Un intero anno a disposizione, facciamone buon uso. post: Corrado Pini Ho assistito ad un paio di conferenze con G.B.Gardin e ho visto alcune sue interviste che si trovano facilmente sul web. Sempre, il nostro grande vecchio ha fatto riferimento all'amico e maestro Willy Ronis. Ronis, parigino del 1910 ha attraversato in ventesimo secolo ed ha fotografato con sguardo attento ma sempre rispettoso e delicato. Curiosando in libreria ho pescato questa bella pubblicazione che contiene 120 fotografie rigorosamente in bianco e nero, edizioni Contrasto per la serie "Lezioni di fotografia". A fronte di ogni immagine si trova una paginetta nella quale l'autore ci racconta cosa ha attirato la sua attenzione e come è riuscito a catturare il momento. Niente dati tecnici, soltanto il "dietro le quinte" del suo percorso mentale che lo ha portato al clic. Ronis non scattava molto, il momento durante il quale in strada tutto si compone non dura tanto da permettere troppi tentativi, sovente soltanto uno, perciò è bene avere consapevolezza per non perdere preziosi scatti.
Il libro è diviso in cinque capitoli che fanno capo alle parole pazienza, riflessione, caos, forma e tempo. Non sono compartimenti stagni né ricette da seguire per ottentere fast-foto. Ogni volta che ci poniamo di fronte ad una potenziale fotografia tutti questi cinque temi compartecipano ed a volte qualcuno di essi prende il sopravvento. Poi è la testa del fotografo che fa la differenza come sempre, anche e soprattutto quando si fa fotografia dal vivo come dice Ronis intendendo quella che oggi chiamiamo street-photography. Un bel libro che racconta tanto di Ronis e molto di quello che a volte inconsapevolmente succede dentro la nostra mente prima che il dito prema il pulsante di scatto. Le "Regole del caso" sono numerose, misteriose ma affatto casuali. post: Corrado Pini |
Archivio
Aprile 2024
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 07.03.2001. Tutto il materiale presente nel sito è pubblicato a scopo divulgativo, senza fini di lucro. Eventuali violazioni di copyright se segnalate dagli aventi diritto saranno rimosse al più presto dall'autore. |