Sono nato a Parma, fotografo con continuità dal 2005. Con le mie foto vorrei fissare atteggiamenti umani spontanei, nel quotidiano come nell'inusuale e comunicare contenuti forti: quindi se rinasco, imparo sul serio e faccio il reporter. Con queste parole Massimo si presentava nel libro dedicato ai venticinque anni di attività di Parmafotografica. Nel giovedì dedicato all'incontro con l'autore, Carlo Carra lo ha intervistato in un format che ci permetterà di conoscerlo meglio. Non ho registrato l'intervista quindi perdonate qualche imprecisione del testo, la mia stenografia è un po' arrugginita. Vediamo quindi in pillole, come si sta evolvendo la fotografia di Massimo Marazzini. Il bianco e nero E' accattivante, senza tempo, piace se ben fatto. Dona all'immagine un valore aggiunto a prescindere. Produco anch'io immagini in bianco e e nero ma preferisco il colore, lo ritengo più difficile da gestire e perciò mette alla prova di più. La creatività (degli altri) Bisogna fare attenzione a non approfittarne. Si alle citazioni delle opere e delle immagini altrui ma con attenzione, non desidero sfruttare il lavoro degli altri, spesso è una scorciatoia. Particolari In passato cercavo dettagli non facili da notare, oggi non più. Ora scatto con obbiettivi più larghi, grandangolari, di conseguenza il particolare è meno importante dal momento che fotografo le persone nel loro ambiente. Approccio Fotografare le persone è difficile, ci vuole predisposizione ma si può imparare a migliorare l'approccio. Nel mio caso di solito reagiscono bene, ho elaborato meccanismi di avvicinamento efficaci anche grazie al mio lavoro che mi mette a contatto con la gente. Parola e fotografia Le parole sono fondamentali, il titolo quanto la didascalia. Tra l'altro è molto divertente trovare il titolo giusto per un'immagine, a volte impiego più tempo a trovarne uno adatto che a post-produrre lo scatto. Credo che la fotografia debba essere considerata come strumento di letteratura, le fotografie come pagine di un racconto. Visione Mi piace molto la figura umana piccola nelle mie composizioni. Quando allargo l'inquadratura tendo a prendere l'uomo come unità di misura. Amo le foto di difficile lettura, cerco la complessità. Il paesaggio Mi piacciono e apprezzo le belle foto di paesaggio ma non è nelle mie corde. Ispirazione Mi accorgo di fotografare in due chiavi principali: ironia e malinconia. La malinconia è una grande ispiratrice. Sono attirato da ciò che resta del vecchio, fotografo con la testa girata all'indietro, verso il passato. Street e Reportage
Tutto è stato fotografato, la ricerca di ognuno è legata all'evento, all'accadimento che è unico, questo dona originalità alle fotografie. La street photography invece, credo che sia la cattura di un momento che non diventa documento ma ha comunque un valore come testimonianza storica. Vorrei fotografare "a progetto", creare racconti. Riferimenti Tra gli altri Webb, Pellegrin, Majoli, Nachtwey tutti fotografi che non producono icone ma sono narratori di storie. Religiosità Sono attratto dalla religiosità delle persone durante i riti, perchè sono spontanee e meno controllate. Contrails Da qualche tempo faccio parte del collettivo Contrails. Abbiamo lo scopo di raccontare la società, le storie delle persone, i modi di vivere. Uno sguardo sul quotidiano e su aspetti della vita meno semplici. E' un' esperienza bella e positiva, un ottimo modo per conoscere e confrontarsi con altri autori. post: Corrado Pini
Riprendo e condivido il testo della locandina di presentazione della mostra. Tutto ebbe inizio nell'ottobre 2017, quando Marc Ibanez, Guim Tió e Marcel Cururella, i 3 artisti spagnoli autori del progetto "GIVING POWER TO YOUNG PEOPLE| 17SGUARDI RIVELANO JUAREZ", portato in anteprima a Parma da CUBO Gallery incontrarono per la prima volta a Offinine ON/OFF i ragazzi e le ragazze del Centro Giovani Montanara e Centro Educativo Pomeridiano Pablo. Dopo un primo momento pratico e laboratoriale, partendo dal racconto del progetto pilota iniziato in Messico, gli artisti hanno mantenuto i contatti con i ragazzi ed educatori anche a distanza cercando durante lo scorso autunno di fornire loro gli strumenti tecnici ed emotivi per sviluppare la propria consapevolezza critica attraverso il mezzo fotografico. 23 fotografie realizzate dai 9 ragazzi partecipanti: Michela Ronzoni, Stella Bergenti, Sofia Da Riva, Andrea Cervone, Bianca Salvarani, Imane El Masnaoui, Morena Acquistapace, Maria Acquistapace e Monica Edobor. post: Corrado Pini
La guerra va a concludersi a nord e nel deserto arrivano squadre di tecnici nordamericane e internazionali col compito al limite dell'impossibile di spegnere velocementegli incendi. Dietro a loro arriva Salgado. La Guerra del Golfo è stata definita la prima guerra del villaggio globale, tante immagini sono arrivate a noi che assistevamo guardando i telegionali. Le fotografie di Salgado però sono rimaste negli occhi della gente anche dopo tanti anni. La mostra si chiama Kuwait. Un deserto in fiamme e raccoglie trentaquattro immagini in grande formato, naturalmente in bianco e nero. Si è conclusa il 28 gennaio 2018 a Milano in via Meravigli, ma di certo verrà riproposta a breve in altre città. Cos'ha la fotografia di Salgado, quali sono le qualità che permettono alle sue immagini di farsi ricordare?
Un'insieme di caratteristiche, estetica, qualità, contenuti, storia; i due parole forma e contenuto. Eppure forse c'è altro, ogni immagine è un'icona, da sola può reggere il racconto di una storia e spesso non una storia qualunque, ma un'avventura. Un'ultima cosa, in un mondo dove la gente non sa aspettare e non presta attenzione se non per qualche istante, Salgado sa attendere il momento migliore, la composizione adatta e sopratutto la luce giusta, e questo si vede e si ricorda. post: Corrado Pini Riprendiamo a descrivere i classici giovedì di Parmafotografica dopo la forzata sosta per maltempo della scorsa settimana. Ritorna Raffaele Di Paquale, nostro attivo ed apprezzato socio, con un porfolio in bianco e nero di sedici fotografie, introduce la serata Francesca Ruggieri. L'idea per Liutai a Cremona arriva durante la visita in una bottega artigiana nella vicina città lombarda dove si costruiscono preziosi violini. Raffaele ci ha ben abituato con le sue belle stampe elegantemente presentate, il portfolio è molto omogeneo, i tagli stretti delle immagini chiudono sulle fasi di lavorazione del legno durante la costruzione degli strumenti.
Un ospite in un apprezzato intervento replica osservando che di solito gli artigiani non sono interessati ad essere ritratti, preferiscono che il protagonista sia l'oggetto che appassiona, in questo caso lo strumento musicale. La discussione tocca in seguito il concetto di interpretazione e documentazione. Raffaele per ispirazione è documentarista, lo spirito che lo ha mosso è il desiderio di raccontare alcune fasi del lungo lavoro di costruzione degli strumenti ad arco. Questa volta però ha dato un tocco interpretativo più accentuato del solito al portfolio. Nell'atto del fotografare c'è sempre il desiderio di riprendere la realtà, ma dietro all'obbiettivo c'è un autore che ha una visione inevitabilmente soggettiva. Il taglio, il tempo, la resa del colore o la sua soppressione, la lunghezza focale, la luce e via elencando, sono tutte scelte che influenzano il risultato finale e quindi sono fasi interpretative. Chiediamoci anche quanto la forma sia anche essenza. Ho imparato ieri che il tipo dei legni utilizzati, il loro spessore (misurato col micrometro addirittura), la vernice e tutto quello che contribuisce a dare forma al violino, influiscono in modo sostanziale al suono che il musicista potrà ottenere e quindi alla voce, vera anima dello strumento. Allo stesso modo ogni scelta del fotografo (anche involontaria) prima e dopo gli scatti indirizza le fotografie in una direzione precisa, personale e interpretata. Forse estremizzo un po' dicendo che la fotografia non è mai del tutto oggettiva ma sempre e solo soggettiva e quindi interpretata. Queste rifessioni escono dalle serate del circolo dove confrontando opinioni si manifestano sempre idee interessanti e spunti di approfondimento attraverso i quali non solo la cultura generale ma la fotografia di ognuno di noi esce arricchita. Anche questo è obiettivo dei circoli fotografici. All'inizio della serata, dato un primo sguardo alle stampe mi è tornata alla memoria la famosa fotografia di Man Ray (Le violon d'Ingres).
In Liutai a Cremona l'eleganza delle chiavi di violino e le forme degli strumenti ricordano le curve femminili. Nel giorno della festa della donna perchè non pensare che le mani degli artigiani liutai sono come quelle degli amanti che accarezzano l'amata. Nelle fotografie di Raffaele le mani sono mosse, delicate, appassionate ed esperte, ma protagonista è sempre lei, la donna, anzi il violino. post: Corrado Pini Per una volta la consueta serata di incontro con l'autore non ha avuto luogo. Le pessime previsioni meteo hanno consigliato di rimandare l'intervista di Carlo Carra a Massimo Marazzini, nostro socio ed membro del collettivo Contrails. La serata verrà recuperata il giorno 22 marzo prossimo e si parlerà a tutto tondo di fotografia. Ma , se piove o nevica dobbiamo per forza rassegnarci a lasciare la fotocamera nel cassetto? Naturalmente no, salvo precauzioni per proteggere l'attrezzatura non tropicalizzata, fatta scorta di voglia di affrontare il freddo e con un buon paio di scarponi caldi che come dice Koudelka sono l'accessorio più importante per il fotografo. A proposito di maltempo, curiosando per il web ho scoperto un autore che credo meriti una segnalazione: Christophe Jacrot.
La sua fotografia è ispirata dal brutto tempo. Neve, vento, pioggia, ombrelli aperti, distorsioni causate dall'acqua sui vetri, luci nella notte sono protagonisti nelle sue fotografie. Jacrot ci regala visioni di città e paesaggi diversi dalla consuetudine, un mondo parallelo e specchiato rivelato dalla pioggia. I colori sono accesi e vivaci sottolineati dai lampioni e dalle insegne luminose, il buio della notte li esalta. Le persone, rare, sono solo ombre o silhouette, spesso con l'ombrello aperto. Soli nel buio, la notte li avvolge e protegge, la pioggia la neve non aggrediscono ma difendono come un bozzolo. L'inverno è parte del ciclo della natura, motore dell'evoluzione, va rispettato e ci regalerà la sua bellezza. post: Corrado Pini |
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Aprile 2024
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