Quando si organizza un'uscita fuori porta è quasi scontata l'alzataccia mattutina. Questa volta però non si va in treno ma in auto e la distanza non eccessiva permette qualche minuto in più sotto le coperte. Destinazione è il Festival della Fotografia di Seravezza in provincia di Lucca. L'esposizione principale è "La vita e nient'altro" una retrospettiva di Uliano Lucas, allestita nella prestigiosa sede di Palazzo Mediceo. Serravezza è una bella cittadina ai piedi delle Alpi Apuane, dove si tagliano pregiati marmi come si può notare dalle numerose statue che si incontrano passeggiando. Visitiamo anche l'esposizione di Bruno Maddeddu in una sala adiacente alla piazza principale e assistiamo ad alcune interessanti letture portfolio. Nel pomeriggio tentiamo la visita alle mostre della vicina Querceta ma scopriamo che la sede espostiva del Palazzo Civico la domenica è chiusa. Peccato. SERAVEZZA FOTOGRAFIA XV EDIZIONE - IL PROGRAMMA Palazzo Mediceo 17 febbraio/27 maggio ULIANO LUCAS La vita e nient'altro Scuderie Granducali 17 febbraio/18 marzo ISABELLA MALENA - La scelta dello sguardo 23 marzo/2 aprile AVEZZU', GIOGLI, PRESUTTI - Terre Medicee 6 aprile/29 aprile CECILIA GIORIA - Minime soddisfazioni narcisistiche 4 maggio/27 maggio MOSTRA COLLETTIVA - Fotopia-danza di un'utopia fotografica Palazzo Civico di Querceta 17 febbraio/10marzo TATIANA MURA Odi et amo 1 marzo/28 aprile LUCA VECOLI La cura 1 maggio/ 26 maggio PREMIO FULVIO D'IORIO mostra di 49 opere finaliste del concorso Galleria Seravezziana 16 marzo/8 aprile BRUNO MADDEDDU Appunti di vita Non perdiamo l'occasione per utilizzare un paio d'ore per fare una passeggiata sulle spiagge della vicinissima Forte dei Marmi.
Chiude la giornata un bel tramonto, di quelli che i fotografi più bravi dicono di non riprendere mai e che noi invece non ci lasciamo sfuggire. Quella di giovedì è stata la prima di due serate durante le quali soci del circolo Renato Brozzi di Traversetolo proporranno loro lavori. Il primo ospite è stato Cesare Petrolini con due opere collegate strettamente fra loro ma che utilizzano strumenti di espressione diversi, il portfolio e l'audiovisivo. Il portfolio di dieci belle immagini in bianco e nero è stato realizzato in più di un anno, tempo necessario a scattare le fotografie utili per una selezione ragionata e coerente. L'argomento a prima vista è la solitudine delle persone anziane ma emerge prepotente il tema del ricordo. Sono fotografie istintive, quasi tutte non posate, ispirate dal momento e dall'atmosfera che si respira nella casa della signora Maria. L'autore rimane un po' distante quasi a non disturbare. Le immagini mostrano l'abitazione in penombra, le finestre chiuse, il letto ben fatto, il salotto che si apre soltanto brevemente per gli ospiti importanti. Tutte situazioni che ci sono familiari e ci ricordano nonne o zie. L'ultima fotografia è l'introduzione all'audiovisivo successivo. Andrea Camilleri, il celebre scrittore di Montalbano, in una breve premessa ci parla di una lettera scritta dalla signora Maria, che diventa portavoce di tutti gli anziani. Ascoltiamo la lettura mentre le immagini suggestive, anche queste in bianco e nero si succedono sullo schermo. Maria desidera terminare i propri giorni nella propria casa, fra i ricordi, vengono rifiutate le case protette anche se efficienti e accoglienti. La visione degli anziani è quasi sempre rivolta al passato, al ricordo. In quelle camere asettiche mancherebbero gli oggetti cari, che insieme alle mura domestiche sono veri amplificatori del ricordo. La memoria è stratificata e accumulata non solo nella cose di casa ma anche nella loro disposizione, ogni oggetto importante ha il suo posto immutabile. E' vero, c'è tristezza e malinconia ma non sempre questi sono sentimenti negativi, anzi sono cercati per esempio tenendo fuori casa la luce. Davvero dobbiamo interpretare la luce sempre e comunque come segno positivo, buono e il buio, l'ombra come male, il negativo? La luce fuori dalle finestre è prodotta da un mondo complicato, incomprensibile, un mondo estraneo al quale Maria non appartiene. Maria quindi, come autodifesa, la tiene fuori. Chiude porta e tapparelle, rimane protetta nell'ombra, insieme ai suoi mobili, oggetti, fotografie, i suoi ricordi in definitiva. Nella fotografia iniziale la porta, dalla quale filtra la luce esterna, è chiusa e la luce rifiutata. Anche quando Maria deve utilizzare il calore del sole per asciugare i panni (rigorosamente lavati a mano), la parte superiore del corpo e quindi la testa (la memoria) sono significativamente in ombra. Una resistenza quasi Gandhiana. Di questi argomenti e tanti altri abbiamo parlato durante la bella serata e tutti hanno concordato nel complimentarsi con Cesare Petrolini per la qualità del suo lavoro e la sensibilità e il garbo mostrata nell'affrontare un argomento delicato ed importante.
Bravo anche per l'originalità mostrata nel collegare due media così differenti come portfolio e audiovisivo. post: Corrado Pini Un intenso temporale con grandine ha chiuso la giornata di giovedì 12 aprile, probabilmente il maltempo ha indotto alcuni a rinunciare alla serata con Daniele Ottobrino ed è stato un peccato. I nostri Carlo Carra e Massimo Marazzini hanno preparato l'incontro e l'hanno presentato in maniera diversa dal consueto. La proiezione di acuni portfoli è stata spunto per i commenti del pubblico e per sollecitare l'autore al racconto del "dietro le quinte" degli scatti e del suo percorso di fotografo. Un modo di condurre che potrà rendere le serate ancora più vivaci ed interessanti. Ottobrino è stato professionista, come molti ha iniziato facendo matrimoni e collaborando con i giornali, riconoscendone la validità come scuola e palestra che mette alla prova qualità e motivazioni. Ha comunque sempre voluto sviluppare una ricerca personale nel reportage, ambito verso il quale lo portava il suo istinto fotografico. Di questo periodo sono Domino Effect su Chernobyl e Allerta Case Milano, lavoro collaborativo sul degrado dell'edilizia popolare. Le fotografie di Ottobrino non sono urlate (come quelle per esempio di Paul Fusco), il suo raccontare è sussurrato ma riconosce che il reportage deve fare documentazione e denuncia sociale, per questo è necessario cercare il drammatico. Ci possiamo trovare a disagio di fronte alla sofferenza ma dobbiamo mostrare agli altri attraverso i nostri occhi e il nostro obbiettivo, quello che accade. Uno dei suoi lavori viene notato da Denis Curti e vince una borsa di studio per un Master a Milano dove studia con docenti del calibro di Mimmo Jodice e Giovanni Chiaramonte. Durante quell'esperienza durata un anno (chiamarlo corso sarebbe riduttivo), viene introdotto alla fotografia di ricerca. Il suo modo di vedere e di pensare al "progetto fotografico" evolve e si trasforma. Il sito di Daniele Ottobrino ( http://www.danieleottobrino.com/# ) è scritto in inglese, pubblico qui sotto la traduzione della pagina "Bio". Daniele Ottobrino (nato nel 1977) ha iniziato la sua esperienza come fotografo dopo una formazione artistica a Parma, sua città natale. Ha sviluppato la sua esperienza in fotografia presso il "Riccardo Bauer" di Milano e presso la "Nuova Accademia di Belle Arti" / "Fondazione Forma per la Fotografia", conseguendo il Master in Fotografia e Visual Design. Il suo lavoro spazia dallo stile tipico del reportage alla ricerca documentaria, al progetto profondo e all'analisi sociale. Ha collaborato con agenzie fotografiche per il reportage sociale come PhotoAid. Le sue fotografie sono state presentate in numerose mostre personali e collettive; alcuni esempi sono il Mois de la Photo a Parigi e il Centro Italiano della Fotografia d'Autore a Bibbiena. Le sue ricerche sono state pubblicate su riviste e su diversi quotidiani come Il Venerdì di Repubblica, Donna Moderna, Niente da vedere, Corriere della Sera e Anna, tra gli altri. Nella fotografia di ricerca l'idea e il conseguente progetto sono predominanti e solo successivamente si pensa a scattare in modo accuratamente controllato. Anche la parte puramente tecnica ha la sua importanza, è bene evitare gli obbiettivi grandandangolari (preferiti dai fotoreporter) scegliendo invece i "normali" oppure i tele moderati per rimanere più distaccati ed evitare il coinvolgimento. Il fotografo racconta, mostra il suo punto di vista e non deve partecipare alla scena se non con la sua regia. Non si deve quindi andare per strada a prendere le fotografie che le situazioni offrono ma organizzare il racconto e scattare di conseguenza. Il fotografo di ricerca non è un cercatore di funghi, quanto piuttosto un giardiniere che da' forma e sostanza alle piante e crea il giardino come lo desidera. Questa impostazione è ben chiara nel lavoro MASSCULT (cultura di massa) dove vengono contrapposte due generazioni che si trovano a vivere in paesi occidentali molto diversi da quelli di origine.
I più giovani vogliono integrarsi rapidamente rischiando l'omologazione. Troviamo serialità, contrapposizione tra l'arredo esotico delle case e gli abiti occidentali di alcuni soggetti. La posa dei ragazzi, rigida e costretta tra i bordi della fotografia sembra schiacciarli in modi di essere standard e massificati. Eppure ancora esiste una certa dualità che col tempo probabilmente andrà ad affievolirsi. Oggi l'obiettivo di Daniele Ottobrino è di unire la sua passione per il reportage con gli aspetti della fotografia di ricerca che più lo hanno influenzato. Contaminazione e cambiamento, motori di evoluzione. Una bella sfida unire due generi così diversi e noi saremo ben contenti di vederne i risultati nel prossimo futuro. Webgrafia: Daniele Ottobrino Paul Fusco Mimmo Jodice Denis Curti Giovanni Chiaramonte post di Corrado Pini |
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Aprile 2024
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