Musica e immagini, accoppiata vincente. Agli albori della cinematografia, quando il sonoro ancora non esisteva, le proiezioni più importanti erano accompagnate da un pianista che eseguiva dal vivo l'accompagnamento alle immagini. Senza scomodare la settima arte e tornando ai nostri giorni, pensiamo ai dischi in vinile che lasciavano spazio in copertina per immagini e fotografie; quanti grandi autori ne hanno usufruito. Ricordiamo i video musicali realizzati apposta per le hit negli anni '80 e '90 e pensiamo anche a quando utilizziamo un motivetto pop per sonorizzare le nostre fotografie delle vacanze. Certa musica come il Jazz si presta alla fotografia in bianco e nero quasi naturalmente. Oppure ricordiamo i concerti rock, coloratissimi e con fumogeni acchiappaclic. La mostra che abbiamo visitato a Parma nel Palazzo del Governatore invece è qualcosa di diverso, non si tratta della fotografia al seguito della musica quanto piuttosto di musicisti, cantanti, addetti ai lavori che si sono messi davanti all'obbiettivo di Giovanni Gastel per essere ritratti. Gastel è una delle principali firme italiane nel mondo della fotografia di moda, ha in portfolio copertine e servizi sulle riviste più importanti di quel settore. Questa volta invece che bellissime modelle grazie alla collaborazione con Rolling Stone si è trovato lo studio invaso da musicisti e di ognuno ha cercato di catturare non il personaggio ma la persona. Ne esce un ritratto della musica italiana certamente non completo e non definitivo ma interessante per la commistione di personaggi di oggi e di ieri, celebri o aspiranti tali, appartententi a generi musicali totalmente antitetici. Eppure l'insieme funziona grazie alla visione unificatrice di Gastel sul mondo della cultura pop.
post: Corrado Pini
1 Commento
Con queste parole tratte dal Libro dei Re, Salomone chiese a tutti gli uomini non soltanto agli eletti, di venire al Tempio in pace ed in preghiera. Di quel tempio dopo tremila anni e il passaggio delle legioni romane è rimasta una sezione di muro. Proprio di fronte a quelle pietre che dovrebbero riunire e non separare, milioni di persone sono andate durante i secoli per pregare. Tutto bene quindi? Sappiamo bene che non è così. Il nostro socio Massimo Marazzini in viaggio in Terrasanta non ha perso l'occasione per dedicare qualche ora a quel particolare luogo. Dalla massa di fotografie realizzate, Massimo ha tratto un portfolio a colori in stile di reportage. Il colore lega più strettamente il lavoro alla realtà rendendolo più originale rispetto al classico bianco e nero.
Ha catturato i simboli principali del nostro immaginario collettivo di uomini occidentali distaccati dalla spiritualità e legati al materialismo. Quindi vediamo i rabbini vestiti di nero con i loro tipici cappelli e le strane acconciature, il candelabro, i libri sacri, i filatteri, i vecchi e i bambini che cantano le litanie e anche i soldati con il mitra alla mano. Massimo non ha voluto inserire "a forza" ciò che laggiù in quelle ore non c'era, racconta giornalisticamente solo quello che ha visto. Per esempio non ci sono donne, loro non hanno il permesso di cantare e di portare il tefillin, possono solo pregare ben separate dagli uomini. Come in quasi tutte le religioni le donne sono importantissime e per questo non si devono sporcare e immischiare con la gestione del potere che può corrompere. Che se ne stiano quindi protette in luogo separato stile riserva indiana... Cio che manca è però ben presente ed importante come lo spazio negativo in una fotografia. L'assenza a volte si fa notare come e più del soggetto dell'immagine. Si nota un'atmosfera particolare che attraversa il porfolio, una commistione di tensione (i soldati armati) e di fede assoluta (i rabbini ortodossi), chiusa e arcaica che non vuole includere convincere o convertire.
L'idea è risultata efficace e le due immagini sono state fra le più apprezzate anche se la più votata per la nostra galleria delle "Migliori in portfolio" è stata quella che vedete qui sopra a sinistra. In definitiva un ottimo lavoro di Massimo, testimone attento e narratore efficace. post: Corrado Pini
Pinardi è un maestro del montaggio e della regia ma gli "effetti speciali" sono sempre al servizio del contenuto. Colori acidi, incastri e costruzione grafica contribuiscono a colpire e a volte disorientare lo spettatore. Al termine le reazioni sono sempre diverse, c'è chi sospende il giudizio perchè riconosce che c'è tanta differenza fra il proprio modo di vedere la fotografia e quella di Pinardi. C'è invece chi avverte la profondità dei contenuti ma difficilmente riesce dopo la visione a decifrare tutti i simbolismi disseminati nell'audiovisivo. Credo che ci si debba affidare più al proprio istinto che al ragionamento e rinunciare a spiegare ogni sequenza. Alcuni fotogrammi tratti da " La scelta"
prenderà in seria considerazione, l'audiovisivo possiede qualità tecnica, messaggio e contenuti relativi ad un argomento difficile ed originale. Da parte nostra faremo il tifo per Gabriele, in bocca al lupo! post: Corrado Pini |
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Febbraio 2019
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