E' stato pubblicato sul sito Fiaf Agorà di Cult il tema 2019 che impegnerà circoli e fotografi.
Fai clic sul link seguente per leggere l'ELABORAZIONE DEL CONCEPT a cura di SILVANO BICOCCHI. Un tema ampio e apparentemente ostico che lascia però ampi spazi alla libera interpretazione. post di Parmafotografica Anni ottanta, un fotografo e la sua città mai stata facile, Genova. Michele Guyot Bourg volle raccontare gli effetti del vivere vicino e sotto quel ponte sul quale siamo passati in tanti e che è caduto. Nelle fotografie di "Vivere sotto una cupa minaccia" si sente l'oppressione delle centinaia di tonnellate di cemento, del rumore costante, del traffico. Si sente l'aria inquinata, si vede solo parte del cielo chiuso dall'asfalto, coperto dal ponte Morandi Il pericolo più immediato e probabile poteva essere un incidente, la proiezione di un automezzo sul tetto di casa o direttamente in salotto. In una foto c'è una scritta sul muretto: "No ai TIR sulle case", non era un modo di dire, era la realtà Forse allora non si immaginava che proprio quel mastodontico ponte si sarebbe sgretolato dopo pochi altri decenni; un vero gigante con i piedi d'argilla.
Quante immagini, quante fotografie esistono di quel ponte? Quante a pellicola, polaroid, digitali, fatte col cellulare; eppure le foto di Guyot Bourg sono diventate subito "virali" riprodotte e rilanciate dai giornali dai blog e dai social network. Dietro quelle immagini c'è ricerca, una storia interessante, tecnica fotografica e giornalistica, anche estetica. Dopo tanti anni queste sono le qualità che ancora fanno la differenza e che oggi vengono riconosciute da tutti. Naturalmente fra qualche giorno l'attualità le seppellirà ma non importa, il loro valore rimarrà vivo. Intanto possiamo ringraziare e ispirarci a Michele Guyot Bourg, uno che potrebbe insegnare a qualche famoso photo-star. Un fotografo di quelli veri. Alcuni link:
https://www.rsi.ch/news/oltre-la-news/Le-foto-che-la-citt%C3%A0-rifiut%C3%B2-10787474. http://genova.repubblica.it/cronaca/2018/08/18/news/_vivere_sotto_una_cupa_minaccia_nelle_case_sotto_il_ponte_morandi-204378171/ https://www.corriere.it/cronache/18_agosto_18/crollo-genova-reportage-anni-80-l-autostrada-che-passa-le-case-d167db28-a2a9-11e8-afa5-13cd0513c17b-bc_principale.shtml post: Corrado Pini Un'altra occasione di incontro con amici e scoperta di persone con le quali condividiamo tanto. Sono molti i festival fotografici in giro per l'Italia, l'importante non è il numero ma la qualità proposta, Pontremoli Foto Festival ne offre tanta. Foto e non Photo e anche questo dettaglio qualcosa vorrà dire. Siamo a fine luglio, ormai i più sono a godersi le ferie ma il nostro gruppetto di amatori della fotografia anche se ridotto ha deciso di sfidare l'afa e le autostrade intasate dai vacanzieri in partenza per recarsi a Pontremoli. Pontremoli è una bella cittadina, incastonata tra vie d'acqua che scavalca con antichi ponti. E' il comune più settentrionale della Toscana, crocevia da sempre delle strade che collegano la Val Padana alla Toscana. Anche oggi dalla valle del Magra passano due vie che sono l'opposto una dell'altra, l'autostrada A15 e la Via Francigena. La città ci accoglie con il suo vivace mercato, troviamo comunque velocemente un parcheggio allestito nel greto secco di un torrente e percorrendo i vicoli del centro saliamo verso il Castello del Piagnaro. Lassù oltre ad un notevole panorama, troviamo le fotografie di alcune delle mostre ufficiali, quelle di Giuliana Traverso, Antonella Monzoni, Stefania Adami, Carla Iacono. Tutte donne perchè quest'anno il tema guida della manifestazione è: "L'universo femminile dietro l'obiettivo". La donna, quindi, non solo modella e soggetto ma autrice e fotografa. La particolare visione femminile si manifesta in tutti i lavori che osserviamo, indipendentemente dai gusti personali. C'è davvero un differente modo di approccio alla fotografia della donna rispetto all'uomo? E' evidente che i due generi sono molto diversi, fisicamente ma anche mentalmente, al netto delle influenze ambientali e culturali. La differenza c'è anche nel modo di vedere e nei temi che vengono affrontati più volentieri. Nessuna delle due visioni è migliore dell'altra, sono complementari. Scesi nei borghi del centro storico cerchiamo le altre esposizioni all'interno dei negozi e nelle vetrine dei locali commerciali. Troviamo alcuni lavori ben sviluppati, segnalo quello di Federica Zucchini della quale potete leggere interviste QUI e QUI, perchè ci ha trovati tutti d'accordo nel riconoscerne il valore. Ormai affamati troviamo un locale che ci ispira fiducia ("da queste parti si mangia bene dappertutto", ci hanno confidato) dove proviamo il tipico piatto della zona che risente in maniera molto positiva delle influenze liguri oltre a quelle toscane. Quindi, ottimi testaroli al pesto e un generoso pezzo di pecorino di fossa ci ricaricano di energie. Il pranzo durante le nostre gite non è soltanto un momento di riposo ma anche tempo di conversazione e scambio di impressioni. Come dicono i più aggiornati, un momento di condivisione, importante quanto la visita alle mostre. Nel pomeriggio ci spostiamo nel vicino Teatro della Rosa dove assistiamo alla presentazione di un libro fotografico: Iran through a lens di Anna Chiara Moggia. Giornalista che ha vissuto parecchi mesi in Iran, descrive attraverso la sua visione fotografica i luoghi e il popolo, al di fuori degli stereotipi occidentali. Ci racconta di grandi paesaggi, deserti e montagne, bellissimi luoghi estremi o delicati, popoli accoglienti, ma non tutto è positivo. Molto di quello che c'è di negativo fa capo all'uomo, alla sete di potere, di denaro, proprio come qui in occidente. Una delle principali armi di controllo delle masse, potrà non piacere ma come sempre, come dappertutto è la religione. A seguire un incontro con Giuliana Traverso, Antonella Monzoni, Stefania Adami in conversazione con Orietta Bay. Sollecitate da Orietta Bay, le autrici raccontano episodi legati alla loro attività di fotografe, motivazioni, visioni e idee. Interessante la domanda su come hanno iniziato a fotografare, ne esce un ritratto molto variegato, dalla Traverso che è stata quasi una predestinata fin da bambina alla Monzoni che invece ha iniziato da zero a quarant'anni.
Poco importa l'età conta l'impegno e la voglia di migliorarsi. C'è speranza per tutti. Torniamo a casa accaldati ma ben soddisfatti per la giornata trascorsa. Davanti abbiamo un'estate ancora lunga, tante occasioni per fotografare e riempire di ricordi i nostri archivi. Spendiamo bene il nostro tempo. post: Corrado Pini A volte non serve fare tanti chilometri per vedere belle fotografie, qualche volta basta girare l'angolo. L'angolo è Corcagnano, frazione di Parma dove in una sala adiacente alla Chiesa ha esposto Claudio Pezzarossa. Il tema è Orgosolo ed i suoi murales. Particolare è il metodo di esposizione su tavolo, nessun altro sistema avrebbe dato la possibilità di mostrare quelle fotografie in una sala con una superficie altrettanto ridotta. Sono immagini a colori vivaci molto nitide che permettono la facile lettura dei testi che accompagnano i murales, importanti quanto e forse più della parte figurativa. E' un lavoro di accurata documentazione con riprese frontali, ogni tanto viene inclusa parte della zona circostante, un portone, la vetrina di un bar, una persona. Curiosamente la disposizione di tante fotografie allineate e vicinissime da l'impressione di aggirarsi nei vicoli antichi e stretti di Orgosolo.
Pezzarossa non si pone a cimento con l'arte dei murales e degli artisti che li hanno dipinti. La sua fotografia rispetta e documenta al servizio ed a memoria di dipinti che le intemperie lentamente scioglieranno. Le fotografie registrano il messaggio, la passione civica e politica degli abitanti di Orgoloso. Anche in questo caso immagini e parole si sostengono le une con le altre. post: Corrado Pini “Un buon paio di scarpe” rispondeva Josef Koudelka a chi gli chiedeva qual'è lo strumento più importante per un fotografo. Camminare, tanto, ovunque, è necessario per porsi nelle condizioni migliori per trovare la fotografia che stiamo cercando. Ferdinando Scianna, siciliano (Bagheria, 1943), primo italiano a lavorare per Magnum, di strada ne ha fatta tanta e spesso ha raccolto oggetti, forse di poco valore economico, ma rappresentativi dei luoghi e delle persone che ha fotografato. Nel polo museale Santa Giulia a Brescia oltre alle fotografie di Scianna sono esposti anche alcuni di quegli oggetti che riescono a legare le immagini alla realtà e alla storia. Possono essere statuette, terracotte, utensili, cere votive, Cose, appunto. Ci troviamo di fronte ad uno Scianna meno conosciuto, colore e bianco e nero si mescolano così come i vari periodi della sua produzione. La varietà però, si addice al tema monografico dell'esposizione e all'ampio periodo di tempo preso in considerazione. L'altra mostra che Santa Giulia propone è parte della collezione Mario Trevisan: Percorsi paralleli. La Collezione Mario Trevisan. Trevisan non è un fotografo anche se in gioventù ha scattato come "amatore", è invece uno dei più grandi collezionisti di fotografie in Italia. Consiglio la lettura di una bella intervista pubblicata sul'interessante sito "Collezione da Tiffany" che troverete seguendo questo LINK. L'esposizione è strutturata in cento fotografie divise in coppie di autori a volte molto differenti e di epoche diverse ma che hanno qualche cosa in comune. Mario Trevisan non fotografa ma ci mostra un suo personale e ricchissimo portfolio di immagini di grandi autori. Due ottime esposizioni per la seconda edizione di Brescia Photo Festival: Collections. post:Corrado Pini Di concorsi fotografici se ne trovano decine sulle riviste e sul web.
Questo è differente a metà fra il digitale e l'analogico. Per partecipare basta un francobollo e una piccola stampa di una bella foto, quella che meglio rappresenta la vostra estate. Buon divertimento! Nell'ultima puntata delle serate con l'autore prima della sosta estiva, si parla di paesaggio. Virginio Cavaglieri socio del circolo, viaggiatore, motociclista e fotografo, ci ha presentato una selezione di immagini: Vertical Land(scape), quindi Paesaggi Verticali. Non tragga in inganno il titolo, si fa riferimento non alla montagna ma al formato dello scatto, verticale appunto. Il paesaggio è il primo tipo di fotografia che si affronta, di solito in vacanza, per portare a casa un ricordo. Paesaggi insoliti, esotici, tramonti colorati catturano l'occhio e desideriamo riprenderli a memoria di un momento felice. Il paesaggio, immobile come l'architettura di cui abbiamo parlato nell'ultimo post, è stato anch'esso uno dei soggetti preferiti dai pionieri della camera oscura, alle prese con limiti tecnici. Sono numerosi i modi di interpretarlo, si iniziò col Pittorialismo quando la fotografia ancora aveva qualche senso di inferiorità rispetto alla pittura e ne scopiazzava temi e tecniche. Saltando a grandi passi nella storia, troviamo forse il più grande fotografo di paesaggio, Ansel Adams, che inventò il sistema zonale per sfruttare al meglio la resa del negativo in stampa. Ricordo i New Topographics che si schierarono contro la tradizionale rappresentazione idilliaca della natura nel paesaggio, preferendo invece elevare il banale o addirittura il brutto (Baltz, Shore). In Italia, Giacomelli con i paesaggi in bianco e nero quasi disegnati col pennarello, oppure Ghirri, con i suoi caratteristici delicati colori, Fontana al contrario con tinte sature e vivaci. Insomma, la fotografia di paesaggio è stata parte importante della storia e tutti abbiamo qualche fotografia di quel genere nei nostri hard disk. Durante il dibattito ci siamo chiesti se le foto presentate fossero un po' "ruffiane" cioè se facesero leva sulla sensibilità che noi tutti abbiamo per la natura e i pittoresco. A mio parere non lo sono e argomento con due motivi. Virginio non ha puntato sul colore saturo, vivace, tanto che alcune foto risultano leggermente sottoesposte. La luce, seppur presente non è enfatizzata in camera chiara per farla uscire quanto più possibile. L'autore ha cercato di registrare quello che realmente ha visto senza sottolineature come avrebbe potuto fare. In secondo luogo la scelta del formato, controcorrente rispetto alla consuetudine. La visione umana si estende assai più lateralmente che non in verticale. La selezione naturale ha lavorato ottendendo quel risultato che ci ha permesso di sopravvivere meglio dai pericoli che venivano più spesso dai lati che non dall'alto. Per questo motivo esclusivamente fisiologico il formato landscape ci risulta naturale, si accorda meglio con la nostra visione periferica. La verticalità ci obbliga ad un'attenzione diversa, più ragionata e meno istintiva quindi più difficile. Nelle prime immagini Virginio ha fotografato la terra, razionalmente, utilizzando schemi e composizioni corrette, volute più che sentite. Nella seconda parte del portfolio invece si è dedicato alla luce che diventa protagonista e questo secondo tipo di fotografia è più nelle sue corde, tecnicamente curata ma, passatemi il termine, più "gustata". Sono proprio queste ultime immagini le più apprezzate. Terminata la bella e interessante serata presentata eccezionalmente dal nostro amico Amilcare Cenci con la sua consueta verve e competenza, siamo passati ai saluti assaggiando una fetta di torta; sempre una degna conclusione.
Durante l'estate ricaricheremo le pile ma non mancheranno le occasioni per fotografare e per rivederci magari di fronte ad un buon gelato. Il prossimo autunno si preannuncia ricco di avvenimenti e sarà bene non farsi trovare impreparati. Come si dice a Parma: tgnemos vist! post: Corrado Pini Furono le costruzioni dell'uomo i primi soggetti per i pionieri della fotografia del diciannovesimo secolo. Il motivo è semplice, la tecnologia del tempo richiedeva modelli molto tranquilli per reggere, immobili, le lunghe esposizioni necessarie alle riprese. Tutto ciò che si muoveva semplicemente non veniva registrato sulle lastre (poco) sensibili, quindi niente di meglio di un palazzo, un monumento o un viale. Trovato il soggetto statico, può sembrare semplice realizzare una fotografia di architettura, in realtà si sono codificate nel tempo alcune regole che è bene seguire.
Sono proprio due portfolio di fotografia d'architettura che Oreste Zinelli del Circolo Renato Brozzi di Traversetolo ci ha presentato nel penultimo giovedì d'incontro con l'autore, prima della sosta estiva. Il primo ci ha raccontato la Stazione di Guillemins a Liegi, costruita dall'archistar Santiago Calatrava e inaugurata nel 2009. Acciaio, vetro e cemento bianco sono stati modellati in monumentali archi, forma prediletta e ripetuta costantemente da Calatrava in tutti i suoi edifici. Zinelli ci racconta attraverso la sua fotografia in bianco e nero poco contrastato la sua breve ma intensa visita; ottimi risultati tenuto anche in conto che si è trattato appunto di una toccata e fuga. Il secondo portfolio tratta della Biblioteca Civica di Stoccarda progettata dall'architetto sud-coreano Eun Young Yi. L'edificio, un parallelepedo dove la ripetizione di forme geometriche è la regola, ospita oltre alla biblioteca anche un caffè letterario e un'area eventi. Si possono effettuare riprese senza permessi particolari a meno che si desideri utilizzare flash e cavalletto. Le fotografie sono a colori, lo sviluppo digitale è molto accurato, le sfumature quasi pastello vengono esaltate dalla bella stampa su carta cotone. L'autore ci presenta prima l'esterno della struttura per poi invitarci all'interno. La composizione, sempre precisa e ben studiata è una delle caratteristiche della fotografia di Oreste Zinelli. Per conoscere meglio Oreste consiglio di ammirare la sua "Via Palermo", un ottimo lavoro che dice molto della sua visione. Bella serata, piena di spunti sulla fotografia d'architettura, Calatrava è ben conosciuto per aver progettato la vicina e fotografatissima Stazione Mediopadana e per quanto mi riguarda fra qualche mese sarò proprio a Stoccarda.
Prenderò spunto dalle belle immagini di Oreste Zinelli perchè credo proprio che una visita alla nuova Stadtbibliothek sarà nel programma. post: Corrado Pini F A M I G L I A Nessuno tocchi la Costituzione, la più bella del mondo! Ma quando leggiamo l'articolo 29, "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", dobbiamo chiederci se è ancora così oppure se i tempi hanno sorpassato il dettato costituzionale del 1948. Mi pare chiaro che qualcosa sia cambiato, anche i più tradizionalisti se ne saranno per forza accorti. Mentre attendiamo la Costituzione 2.0 (ma attenzione che a volte gli aggiornamenti risolvono un bug per crearne un altro), FIAF ha pensato di mobilitare un pacifico esercito di fotografi per indagare proprio sul mondo della famiglia, qualsiasi cosa si possa intendere con quella parola. Quanti tipi di famiglia esistono, cosa dobbiamo intendere con quel termine, al di là dell'etimologia della parola non sono questioni da risolvere in poche righe. Umberto Eco se ne sarebbe compiaciuto e ne avrebbe fatto un lungo elenco a far parte del suo "La Vertigine della lista". Sono entrato nell'Oratorio San Quirino sede dell'esposizione senza aver assistito all'allestimento, per ricevere un'impressione per quanto possibile non condizionata, come quella che ha un visitatore esterno al circolo. L'Oratorio, edificato nel quattordicesimo secolo e poi ricostruito e ora sconsacrato, è un piccolo gioiello nel centro della città, chiude Borgo Romagnosi che a breve sarà collegato a Piazza Ghiaia, storico mercato di Parma. San Quirino è gestito dal Comune ed è diventato sede di eventi di natura artistica. Ed è perfetto per quella funzione, di volume adeguato all'occasione, è stato attrezzato con lastre di vetro lungo i muri che fungono da appoggio per le opere senza nascondere le pareti. La luce naturale che piove dall'alto è ottima, non provoca riflessi e viene ben sfruttata fino a sera. Le fotografie sono tutte stampate in generose dimensioni su carta di qualità, quella che si usa per il fine-art. Un bel passepartout caldo le incornicia evidenziandole e grazie al montaggio sul vetro le immagini sembrano quasi sospese a mezz'aria. La breve cerimonia d'inaugurazione è avvenuta alla presenza dell'Assessore Nicoletta Paci e con Maurizio Trapelli incarnazione della maschera parmigiana Al Dsèvod, insieme a tanti appassionati di fotografia. Non è semplice allestire un'esposizione come "Famiglia", ci sono permessi da ottenere, tempi da rispettare, le stampe, la pulizia della sede, la preparazione del buffet di accoglienza, il montaggio e l'installazione delle immagini, i turni per tenere aperto la sede della mostra. Tante ore da sottrarre alla propria famiglia ma ripagate dalla soddisfazione di partecipare ad un evento ben organizzato e ben riuscito. Alla fine forse scattare le foto può sembrare la cosa più semplice, ma in realtà tutto parte da lì, dall'ispirazione e dalla voglia di comunicare la propria visione agli altri attraverso una fotografia. Forse qualcuno non si è sentito rappresentato ma lo scopo non era quello di descrivere in modo politicamente corretto tutte le declinazioni del concetto "famiglia". L'arte o i tentativi artistici non possono, non devono seguire una sorta di manuale Cencelli. Ogni fotografo ha rappresentato quello che l'esperienza, le possibilità, la sensibilità personale gli hanno concesso ed è stato tanto, credetemi, l'impegno messo. Sedici autori non fanno un'enciclopedia, ma all'interno delle cento mostre che FIAF ha voluto in tutta Italia, certamente ognuno di noi può trovare qualche storia alla quale accostarsi con empatia. Ma come sono queste benedette fotografie? Nei prossimi post cercheremo di approfondire meglio, intanto direi che la cosa migliore è andarle a vedere personalmente e farsi un'idea diretta, potrete parlare di fotografia e di arte con alcuni degli autori presenti. Verrete accolti con calore ma potrete stare al fresco tra le spesse mura di San Quirino. post: Corrado Pini COMUNICATO STAMPA DAL PORTALE ISTITUZIONALE DEL COMUNE DI PARMA E' stato reso noto durante la cerimonia di chiusura dell'edizione 2018 il tema della prossima edizione di Fotografia Europea 2019: “Legami. Intimità, relazioni, nuovi mondi”. A breve sarà pubblicato il concept. post: Parmafotografica
Globalizzazione: diffusione su scala mondiale grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di tendenze, idee e problematiche. Il fenomeno è tanto complesso che qualsiasi definizione risulta incompleta. Uno dei problemi è la scomparsa delle identità locali, processo forse irreversibile e inevitabile, verso il quale però si può tentare una resistenza attiva. Daniele Giannetti, presidente del Gruppo Fotoamatori Tresana, circolo nostro amico e gemello, pur giovane, è molto attento alle tradizioni della sua terra, la Lunigiana. Giovedì 31 maggio nel classico appuntamento con l'autore Daniele ci ha presentato Progetto Lunigiana, riassunto narrato di due lavori che hanno hanno trovato la loro conclusione con la pubblicazione in forma di libro. Virgoletta è un borgo della valle del Magra che ha fra i suoi abitanti alcuni, ormai rari, suonatori di campane. I campanari di Virgoletta però non si limitano a chiamare i fedeli alla messa ma interpretanno, rigorosamente ad orecchio, i brani della tradizione popolare. In passato non erano infrequenti le disfide goliardiche con i suonatori di Filetto, il paese vicino a portata di rintocco. Daniele è riuscito ad entrare nel gruppo ed a scattare il materiale necessario per realizzare un libro nel quale il valore fotografico delle immagini si unisce a quello storico e di reportage. Tutto ma non classico è il ricettario fotografato dei piatti tipici: Testin, barbotta e carscenta. La Lunigiana non ha ampi poderi dai filari diritti come nella grande piana vicino a Po, piuttosto piccoli appezzamenti in salita, strappati alla selva durante i secoli e che il bosco sempre cerca di riprendere. Da quei prati vengono gli ingredienti delle ricette lunigianesi così come i primi "testi" scolpiti dalle rocce dei monti, utili prima a cuocere e poi per scaldare le lenzuola d'inverno. Per una volta l'etichetta "km zero" ha veramente un senso compiuto. Il libro effettivamente contiene ricette della tradizione ed è illustrato con fotografie dei personaggi e dei luoghi di produzione. Non Chef quanto piuttosto cuoche fai da te (dalle nostre parti di direbbe "rezdore"), con ingredienti segreti e dosi stampate in testa, gelose dei segreti di famiglia. Tanto che a volte è stata necessaria l'intercessione di sindaco del paese per ottenere le preziose ricette. Concludono la proiezione alcune immagini dell'ultimo produttore dei testi di terracotta protagonisti di uno dei più antichi metodi di cottura ancora oggi utilizzati. Il successivo dibattito si è incentrato sul significato di reportage. Quale che sia il proprio modo di intendere il reportage, e sono davvero tanti, l'importante è realizzarlo in modo sincero e coerente. Trovare una buona idea e concretizzarla per impedire per quanto possibile, l'oblio di tradizioni tramandate solo oralmente, non è semplice. Nel caso delle opere di Daniele sono state necessarie lunghe ricerche, approcci difficili per ottenere notizie e scattare fotografie, tanta pazienza per ottenere le necessarie liberatorie per la pubblicazione. Tutte queste difficoltà sono state in gran parte risolte grazie alla grande passione che Daniele Giannetti ha per la fotografia ma ancor di più, si avverte, per la sua terra e per la gente che la popola. Per questo nel suo concetto di reportage c'è anche l'urgenza di concludere un progetto in tempi relativamente brevi per permettere ai protagonisti ormai sempre più spesso anziani, di goderne da protagonisti. Credo comunque che passati alcuni decenni Virgoletta, il borgo dei campanari e Testìn, barbotta e carscenta pur perdendo di attualità, acquisteranno valore in termini di testimonianza storica.
Ora che l'estate è alle porte non resta che organizzare qualche uscita per visitare i luoghi di Lunigiana tanto cari a Daniele, per fotografarli e per gustare tutti quei prodotti tipici che il suo ricettario ci ha fatto conoscere. Cottura nei testi, naturalmente. post: Corrado Pini C'era una volta G.A.D. L’ambiente umano era quello vivace, creativo, spiritoso, ironico e schietto della cultura popolare reggiana. Si vedevano gli audiovisivi e nella successiva discussione ci si addentrava profondamente nella struttura del linguaggio e nella comprensione dei significati che l’opera promuoveva con l’intreccio espressivo di immagini, musica e testi parlati. Il Gruppo Amatori Diapositive di Reggio Emilia, attivo per decenni, ha attirato autori di grande rilevanza anche nazionale che hanno dato lustro e ricevuto tanto da G.A.D. Nella fase della sua piena maturità il gruppo dava occasione di: ...confronto aperto con gli altri fotografi, proveniente da diversi circoli della città e della provincia... il punto di riferimento nel quale verificare le nuove opere e trarre una forte motivazione nel fare e far sempre meglio perchè il livello del confronto è alto". (Silvano Bicocchi). In questo ambito così coinvolgente e così (come si dice oggi con un abusato termine sportivo) "allenante", hanno operato Amilcare Cenci e Luca Pastorino che insieme, nella classica serata di Parmafotografica del giovedì, ci portano due audiovisivi realizzati a quattro mani. Amilcare, amico di Parmafotografica fu anche moderatore delle serate di G.A.D. e infatti dopo una breve Introduzione di Carlo Carra prende subito in mano la serata. Rispetto ai tempi dell'analogico puro quando si lavorava col cronometro per sincronizzare due o addirittura tre proiettori, il digitale ha semplificato il lavoro tecnico. Rimangono comunque immutate le difficoltà creative: idea, regia, montaggio e scelta della colonna sonora. Il primo audiovisivo, "Vagando nelle trasparenze", interpreta la Dèfence, luogo più volte visitato da Amilcare e di cui ha un'ampio album di immagini tra le quali selezionare. L'autore gioca con i riflessi, le luci, le linee tese dell'archittettura di Parigi. Prima vediamo la grafica, mai ripetitiva perchè le fotografie riprendono i particolari sempre diversi degli edifici, poi viene introdotto l'elemento umano. La musica svolge il suo ruolo alla perfezione donando all'audiovisivo quell'atmosfera parigina nota anche a chi non ha mai visitato la capitale francese. "Un magico incontro", il secondo audiovisivo presentato, si basa sulla capacità degli autori di portare gli spettatori all'interno di un sogno. Tutto è giocato sul piano mentale. Le fotografie scattate in una serra abbandonata e poi post-prodotte fino a diventare immagini desaturate, trasparenti, liquide, che ricordano l'eleganza di certa arte giapponese. La musica di Giovanni Marradi lavora in simbiosi con le fotografie rafforzandosi l'una con le altre. Le note trascinano e pulsano, perfettamente sincronizzate regalando un'atmosfera zen. Tutto funziona e scorre dando l'impressione di semplicità e naturalezza ma, confermano gli autori, tecnicamente per ottenere quella resa il montaggio è complesso. "Un magico incontro" è la dimostrazione di come anche un ambiente che apparentemente offre pochi spunti può dare origine ad ottimi lavori se dietro alla macchina fotografica c'è un occhio attento e pronto a cogliere la bellezza che può essere celata dal degrado o dall'abitudine. Vedere è tutto. Una cosa è certa dopo questa serata al nostro circolo Parmafotografica abbiamo un nuovo termine di paragone per quanto riguarda la produzione di audiovisivi.
Idea, visione, tecnica fotografica e di regia, un livello decisamente elevato che però non deve demoralizzare ma essere di sprone per migliorare. post: Corrado Pini Leggere un portfolio non è cosa facile. Obbliga a pensare, interpretare le fotografie, valutare ogni particolare cercando di intuire in pochi minuti anche la personalità dell'autore; niente affatto semplice Erano due i portfolio che Francesca Artoni e Lorenzo Bracci ci hanno presentato nel classico giovedì di Parmafotografica: "Storia di noi" composto a quattro mani nell'ambito del tema "Capolinea" e "Criogenia" realizzato dalla sola Francesca. Questi fotografi sono soci di Bottega Photographica di Boretto e pur giovani, hanno dato più volte conferma del loro talento, Francesca per esempio è già Tutor fotografico FIAF è ha vinto un ambito premio al Colorno Photo Life 2017 con "Fare Fagotto". Il primo, "Storia di noi" è il raccondo in undici immagini del loro incontro e della vita insieme. Lei di Reggio Emilia, lui di Rimini, membri della Protezione Civile si sono incontrati a L'Aquila. Le immagini mostrano il gruppo di volontari, la partenza per le zone terremotate, la passione comune per la motocicletta, il matrimonio, il lavoro, la famiglia. Si chiude il cerchio di nuovo in divisa, questa volta consapevolmente insieme. Il portfolio è lineare, pulito e semplice (che non vuole dire banale). A ben vedere dentro alcune immagini troviamo parole che chiariscono e raccontano ancor meglio la storia. Storia di noi ricorda un diario di ragazza, quando si conservavano testimonianze di un evento. Per esempio di un concerto del cantante preferito si potevano raccogliere polaroid, ritagli di giornale, il biglietto d'ingresso, un autografo e così via. Anche in "Storia di noi" troviamo elementi simili che regalano al lavoro freschezza giovanile. Criogenia invece utilizza tutt'altro linguaggio, più raffinato complesso e concettuale a dimostrazione della maturità degli autori, in grado di cambiare registro rimanendo efficaci. E' composto da cinque riquadri contenenti ognuno quattro fotografie quadrate. In apertura e in chiusura altre due immagini singole anch'esse quadrate. L'autrice ha plastificato fotografie del suo album famigliare e le ha congelate in acqua distillata, poi ha fotografato le lastre di ghiaccio. Risultano immagini pittoriche, colori tenui, forme velate e offuscate. Francesca vorrebbe congelare i momenti della vita più felici perchè non sfuggano via, fermare il tempo per vivere sempre il meglio dell'esistenza. Non vuole trattenere il ricordo ma utopicamente, la persistenza della vita nei momenti migliori. La foto iniziale una farfalla, è però già una dichiariazione di impotenza. Simbolo di fragilità e delicatezza, vive lo spazio di un mattino e il ghiaccio può soltanto ritardare l'inevitabile passare del tempo. Bello il contrasto tra la poetica e l'estetica delle immagini e il rigore delle forma quadrata, stabile, solida. Il tempo pervade i lavori di Francesca e Lorenzo, il passare del tempo e il sogno di fermarlo.
Fermare il tempo, se ci pensiamo è compito della fotografia, trattenere un attimo, poterlo rivivere con la memoria. Sembra incredibile, il tempo in realtà non esiste ma la fotografia lo ferma lo stesso. post: Corrado Pini Ancora una volta Claudia Belli, pittrice e poetessa ha voluto invitare Parmafotografica a partecipare a "La forma della Bellezza". I nostri fotografi hanno raccolto prontamente l'invito contribuendo con alcune belle immagini all'evento. La serata inaugurale si è tenuta venerdì 11 maggio scorso presso il Centro Culturale Mavarta a Sant'Ilario d'Enza ma l'esposizione sarà aperta fino al 25 maggio. "La Forma della Bellezza", giunta alla terza edizione riunisce varie forme espressive, pittura, scultura, poesia, musica, installazioni e vuole offrire al visitatore la più ampia "degustazione emozionale" come scrive la stessa organizzatrice Claudia Belli in un post di presentazione sul suo profilo social.
Visto il bel successo della serata non possiamo che augurare: arrivederci alla prossima edizione. link: https://www.facebook.com/ClaudiaBelliArte/ post: Corrado Pini In epoca preistorica gli uomini impararono ad usare i cereali selvatici macinando i chicchi sulla pietra e mescolando la farina grezza con acqua. Quella prima pasta liquida cruda veniva semplicemente bevuta. Gli Egizi scoprirono la fermentazione aggiungendo birra all'impasto ed inventando forni sempre migliori. Più recentemente (ma pur sempre tremila anni fa) gli antichi greci già producevano pane e focacce aggiungendo latte oppure olio. Furono anche i primi a panificare di notte in modo da avere pronto e fragrante il pane al mattino, inventarono insomma l'affascinante mestiere del fornaio come lo concepiamo ancora oggi. Qui si inserisce il lavoro di Rodolfo Cervi che documenta la filiera che porta dal campo alla micca calda e fragrante. Si tratta di 18 fotografie a colori con caldi toni uniformi e, come ci ha abituato Rodolfo, tutte di livello omogeneo. Le riprese notturne in un piccolo forno non sono state semplici ma l'autore è riuscito ad eliminare numerosi elementi di disturbo stringendo, sfocando e utilizzando al meglio la piatta luce presente, buona per lavorare, meno per fotografare. La documentazione della filiera è completa, l'occhio dell'autore esce nelle singole immagini quando deve interpretare e risolvere i problemi, confermando che l'abilità del fotografo si rivela meglio nelle difficoltà. La prima parte del racconto si svolge all'esterno nei campi di grano, poi si passa all'interno notte nel panificio, collegando le due situazioni con una discussa fotografia che mostra chicchi su sfondo scuro. Il forno dove Rodolfo ha scattato le fotografie è ancora uno di quelli alla maniera "antica", piccolo, con pochi macchinari e tanto lavoro manuale. Tra gli operai ci sono anche immigrati e l'autore alternando immagini con mani che lavorano nere e bianche ha inserito una seconda chiave di lettura che riguarda l'integrazione. D'altra parte il pane in qualsiasi sua forma, e sono centinaia, è prodotto in ogni parte del mondo ed è alimento che accomuna tutti i popoli del pianeta. Per Rodolfo il tema dell'integrazione e dell'accoglienza è importante e ce lo spiega in un suo testo che illustra le motivazioni che lo hanno portato a realizzare il portfolio. Potete rileggerlo qui sotto: L'idea di eseguire il progetto "Capolinea" utilizzando il pane come soggetto mi è venuta l'estate scorsa così ho iniziato a fotografare per il progetto quindi non prima le foto poi il progetto ma viceversa. Concludo con un ricordo che le fotografie di questo portfolio mi hanno fatto riemergere.
Da ragazzo in montagna la nonna al mattino ci faceva trovare le focacce calde prodotte dal forno del paese. E magari più tardi per merenda un pezzo di quella (insuperata) con le cipolle ci stava benone. Profumi e sapori che rimangono ormai solo nella memoria ma che la fotografia riesce a risvegliare. E' il suo superpotere. Per vedere l'intero portfolio potete seguire questo link: CAPOLINEA PANE post di Corrado Pini Quando si organizza un'uscita fuori porta è quasi scontata l'alzataccia mattutina. Questa volta però non si va in treno ma in auto e la distanza non eccessiva permette qualche minuto in più sotto le coperte. Destinazione è il Festival della Fotografia di Seravezza in provincia di Lucca. L'esposizione principale è "La vita e nient'altro" una retrospettiva di Uliano Lucas, allestita nella prestigiosa sede di Palazzo Mediceo. Serravezza è una bella cittadina ai piedi delle Alpi Apuane, dove si tagliano pregiati marmi come si può notare dalle numerose statue che si incontrano passeggiando. Visitiamo anche l'esposizione di Bruno Maddeddu in una sala adiacente alla piazza principale e assistiamo ad alcune interessanti letture portfolio. Nel pomeriggio tentiamo la visita alle mostre della vicina Querceta ma scopriamo che la sede espostiva del Palazzo Civico la domenica è chiusa. Peccato. SERAVEZZA FOTOGRAFIA XV EDIZIONE - IL PROGRAMMA Palazzo Mediceo 17 febbraio/27 maggio ULIANO LUCAS La vita e nient'altro Scuderie Granducali 17 febbraio/18 marzo ISABELLA MALENA - La scelta dello sguardo 23 marzo/2 aprile AVEZZU', GIOGLI, PRESUTTI - Terre Medicee 6 aprile/29 aprile CECILIA GIORIA - Minime soddisfazioni narcisistiche 4 maggio/27 maggio MOSTRA COLLETTIVA - Fotopia-danza di un'utopia fotografica Palazzo Civico di Querceta 17 febbraio/10marzo TATIANA MURA Odi et amo 1 marzo/28 aprile LUCA VECOLI La cura 1 maggio/ 26 maggio PREMIO FULVIO D'IORIO mostra di 49 opere finaliste del concorso Galleria Seravezziana 16 marzo/8 aprile BRUNO MADDEDDU Appunti di vita Non perdiamo l'occasione per utilizzare un paio d'ore per fare una passeggiata sulle spiagge della vicinissima Forte dei Marmi.
Chiude la giornata un bel tramonto, di quelli che i fotografi più bravi dicono di non riprendere mai e che noi invece non ci lasciamo sfuggire. Quella di giovedì è stata la prima di due serate durante le quali soci del circolo Renato Brozzi di Traversetolo proporranno loro lavori. Il primo ospite è stato Cesare Petrolini con due opere collegate strettamente fra loro ma che utilizzano strumenti di espressione diversi, il portfolio e l'audiovisivo. Il portfolio di dieci belle immagini in bianco e nero è stato realizzato in più di un anno, tempo necessario a scattare le fotografie utili per una selezione ragionata e coerente. L'argomento a prima vista è la solitudine delle persone anziane ma emerge prepotente il tema del ricordo. Sono fotografie istintive, quasi tutte non posate, ispirate dal momento e dall'atmosfera che si respira nella casa della signora Maria. L'autore rimane un po' distante quasi a non disturbare. Le immagini mostrano l'abitazione in penombra, le finestre chiuse, il letto ben fatto, il salotto che si apre soltanto brevemente per gli ospiti importanti. Tutte situazioni che ci sono familiari e ci ricordano nonne o zie. L'ultima fotografia è l'introduzione all'audiovisivo successivo. Andrea Camilleri, il celebre scrittore di Montalbano, in una breve premessa ci parla di una lettera scritta dalla signora Maria, che diventa portavoce di tutti gli anziani. Ascoltiamo la lettura mentre le immagini suggestive, anche queste in bianco e nero si succedono sullo schermo. Maria desidera terminare i propri giorni nella propria casa, fra i ricordi, vengono rifiutate le case protette anche se efficienti e accoglienti. La visione degli anziani è quasi sempre rivolta al passato, al ricordo. In quelle camere asettiche mancherebbero gli oggetti cari, che insieme alle mura domestiche sono veri amplificatori del ricordo. La memoria è stratificata e accumulata non solo nella cose di casa ma anche nella loro disposizione, ogni oggetto importante ha il suo posto immutabile. E' vero, c'è tristezza e malinconia ma non sempre questi sono sentimenti negativi, anzi sono cercati per esempio tenendo fuori casa la luce. Davvero dobbiamo interpretare la luce sempre e comunque come segno positivo, buono e il buio, l'ombra come male, il negativo? La luce fuori dalle finestre è prodotta da un mondo complicato, incomprensibile, un mondo estraneo al quale Maria non appartiene. Maria quindi, come autodifesa, la tiene fuori. Chiude porta e tapparelle, rimane protetta nell'ombra, insieme ai suoi mobili, oggetti, fotografie, i suoi ricordi in definitiva. Nella fotografia iniziale la porta, dalla quale filtra la luce esterna, è chiusa e la luce rifiutata. Anche quando Maria deve utilizzare il calore del sole per asciugare i panni (rigorosamente lavati a mano), la parte superiore del corpo e quindi la testa (la memoria) sono significativamente in ombra. Una resistenza quasi Gandhiana. Di questi argomenti e tanti altri abbiamo parlato durante la bella serata e tutti hanno concordato nel complimentarsi con Cesare Petrolini per la qualità del suo lavoro e la sensibilità e il garbo mostrata nell'affrontare un argomento delicato ed importante.
Bravo anche per l'originalità mostrata nel collegare due media così differenti come portfolio e audiovisivo. post: Corrado Pini Un intenso temporale con grandine ha chiuso la giornata di giovedì 12 aprile, probabilmente il maltempo ha indotto alcuni a rinunciare alla serata con Daniele Ottobrino ed è stato un peccato. I nostri Carlo Carra e Massimo Marazzini hanno preparato l'incontro e l'hanno presentato in maniera diversa dal consueto. La proiezione di acuni portfoli è stata spunto per i commenti del pubblico e per sollecitare l'autore al racconto del "dietro le quinte" degli scatti e del suo percorso di fotografo. Un modo di condurre che potrà rendere le serate ancora più vivaci ed interessanti. Ottobrino è stato professionista, come molti ha iniziato facendo matrimoni e collaborando con i giornali, riconoscendone la validità come scuola e palestra che mette alla prova qualità e motivazioni. Ha comunque sempre voluto sviluppare una ricerca personale nel reportage, ambito verso il quale lo portava il suo istinto fotografico. Di questo periodo sono Domino Effect su Chernobyl e Allerta Case Milano, lavoro collaborativo sul degrado dell'edilizia popolare. Le fotografie di Ottobrino non sono urlate (come quelle per esempio di Paul Fusco), il suo raccontare è sussurrato ma riconosce che il reportage deve fare documentazione e denuncia sociale, per questo è necessario cercare il drammatico. Ci possiamo trovare a disagio di fronte alla sofferenza ma dobbiamo mostrare agli altri attraverso i nostri occhi e il nostro obbiettivo, quello che accade. Uno dei suoi lavori viene notato da Denis Curti e vince una borsa di studio per un Master a Milano dove studia con docenti del calibro di Mimmo Jodice e Giovanni Chiaramonte. Durante quell'esperienza durata un anno (chiamarlo corso sarebbe riduttivo), viene introdotto alla fotografia di ricerca. Il suo modo di vedere e di pensare al "progetto fotografico" evolve e si trasforma. Il sito di Daniele Ottobrino ( http://www.danieleottobrino.com/# ) è scritto in inglese, pubblico qui sotto la traduzione della pagina "Bio". Daniele Ottobrino (nato nel 1977) ha iniziato la sua esperienza come fotografo dopo una formazione artistica a Parma, sua città natale. Ha sviluppato la sua esperienza in fotografia presso il "Riccardo Bauer" di Milano e presso la "Nuova Accademia di Belle Arti" / "Fondazione Forma per la Fotografia", conseguendo il Master in Fotografia e Visual Design. Il suo lavoro spazia dallo stile tipico del reportage alla ricerca documentaria, al progetto profondo e all'analisi sociale. Ha collaborato con agenzie fotografiche per il reportage sociale come PhotoAid. Le sue fotografie sono state presentate in numerose mostre personali e collettive; alcuni esempi sono il Mois de la Photo a Parigi e il Centro Italiano della Fotografia d'Autore a Bibbiena. Le sue ricerche sono state pubblicate su riviste e su diversi quotidiani come Il Venerdì di Repubblica, Donna Moderna, Niente da vedere, Corriere della Sera e Anna, tra gli altri. Nella fotografia di ricerca l'idea e il conseguente progetto sono predominanti e solo successivamente si pensa a scattare in modo accuratamente controllato. Anche la parte puramente tecnica ha la sua importanza, è bene evitare gli obbiettivi grandandangolari (preferiti dai fotoreporter) scegliendo invece i "normali" oppure i tele moderati per rimanere più distaccati ed evitare il coinvolgimento. Il fotografo racconta, mostra il suo punto di vista e non deve partecipare alla scena se non con la sua regia. Non si deve quindi andare per strada a prendere le fotografie che le situazioni offrono ma organizzare il racconto e scattare di conseguenza. Il fotografo di ricerca non è un cercatore di funghi, quanto piuttosto un giardiniere che da' forma e sostanza alle piante e crea il giardino come lo desidera. Questa impostazione è ben chiara nel lavoro MASSCULT (cultura di massa) dove vengono contrapposte due generazioni che si trovano a vivere in paesi occidentali molto diversi da quelli di origine.
I più giovani vogliono integrarsi rapidamente rischiando l'omologazione. Troviamo serialità, contrapposizione tra l'arredo esotico delle case e gli abiti occidentali di alcuni soggetti. La posa dei ragazzi, rigida e costretta tra i bordi della fotografia sembra schiacciarli in modi di essere standard e massificati. Eppure ancora esiste una certa dualità che col tempo probabilmente andrà ad affievolirsi. Oggi l'obiettivo di Daniele Ottobrino è di unire la sua passione per il reportage con gli aspetti della fotografia di ricerca che più lo hanno influenzato. Contaminazione e cambiamento, motori di evoluzione. Una bella sfida unire due generi così diversi e noi saremo ben contenti di vederne i risultati nel prossimo futuro. Webgrafia: Daniele Ottobrino Paul Fusco Mimmo Jodice Denis Curti Giovanni Chiaramonte post di Corrado Pini Sono nato a Parma, fotografo con continuità dal 2005. Con le mie foto vorrei fissare atteggiamenti umani spontanei, nel quotidiano come nell'inusuale e comunicare contenuti forti: quindi se rinasco, imparo sul serio e faccio il reporter. Con queste parole Massimo si presentava nel libro dedicato ai venticinque anni di attività di Parmafotografica. Nel giovedì dedicato all'incontro con l'autore, Carlo Carra lo ha intervistato in un format che ci permetterà di conoscerlo meglio. Non ho registrato l'intervista quindi perdonate qualche imprecisione del testo, la mia stenografia è un po' arrugginita. Vediamo quindi in pillole, come si sta evolvendo la fotografia di Massimo Marazzini. Il bianco e nero E' accattivante, senza tempo, piace se ben fatto. Dona all'immagine un valore aggiunto a prescindere. Produco anch'io immagini in bianco e e nero ma preferisco il colore, lo ritengo più difficile da gestire e perciò mette alla prova di più. La creatività (degli altri) Bisogna fare attenzione a non approfittarne. Si alle citazioni delle opere e delle immagini altrui ma con attenzione, non desidero sfruttare il lavoro degli altri, spesso è una scorciatoia. Particolari In passato cercavo dettagli non facili da notare, oggi non più. Ora scatto con obbiettivi più larghi, grandangolari, di conseguenza il particolare è meno importante dal momento che fotografo le persone nel loro ambiente. Approccio Fotografare le persone è difficile, ci vuole predisposizione ma si può imparare a migliorare l'approccio. Nel mio caso di solito reagiscono bene, ho elaborato meccanismi di avvicinamento efficaci anche grazie al mio lavoro che mi mette a contatto con la gente. Parola e fotografia Le parole sono fondamentali, il titolo quanto la didascalia. Tra l'altro è molto divertente trovare il titolo giusto per un'immagine, a volte impiego più tempo a trovarne uno adatto che a post-produrre lo scatto. Credo che la fotografia debba essere considerata come strumento di letteratura, le fotografie come pagine di un racconto. Visione Mi piace molto la figura umana piccola nelle mie composizioni. Quando allargo l'inquadratura tendo a prendere l'uomo come unità di misura. Amo le foto di difficile lettura, cerco la complessità. Il paesaggio Mi piacciono e apprezzo le belle foto di paesaggio ma non è nelle mie corde. Ispirazione Mi accorgo di fotografare in due chiavi principali: ironia e malinconia. La malinconia è una grande ispiratrice. Sono attirato da ciò che resta del vecchio, fotografo con la testa girata all'indietro, verso il passato. Street e Reportage
Tutto è stato fotografato, la ricerca di ognuno è legata all'evento, all'accadimento che è unico, questo dona originalità alle fotografie. La street photography invece, credo che sia la cattura di un momento che non diventa documento ma ha comunque un valore come testimonianza storica. Vorrei fotografare "a progetto", creare racconti. Riferimenti Tra gli altri Webb, Pellegrin, Majoli, Nachtwey tutti fotografi che non producono icone ma sono narratori di storie. Religiosità Sono attratto dalla religiosità delle persone durante i riti, perchè sono spontanee e meno controllate. Contrails Da qualche tempo faccio parte del collettivo Contrails. Abbiamo lo scopo di raccontare la società, le storie delle persone, i modi di vivere. Uno sguardo sul quotidiano e su aspetti della vita meno semplici. E' un' esperienza bella e positiva, un ottimo modo per conoscere e confrontarsi con altri autori. post: Corrado Pini
Riprendo e condivido il testo della locandina di presentazione della mostra. Tutto ebbe inizio nell'ottobre 2017, quando Marc Ibanez, Guim Tió e Marcel Cururella, i 3 artisti spagnoli autori del progetto "GIVING POWER TO YOUNG PEOPLE| 17SGUARDI RIVELANO JUAREZ", portato in anteprima a Parma da CUBO Gallery incontrarono per la prima volta a Offinine ON/OFF i ragazzi e le ragazze del Centro Giovani Montanara e Centro Educativo Pomeridiano Pablo. Dopo un primo momento pratico e laboratoriale, partendo dal racconto del progetto pilota iniziato in Messico, gli artisti hanno mantenuto i contatti con i ragazzi ed educatori anche a distanza cercando durante lo scorso autunno di fornire loro gli strumenti tecnici ed emotivi per sviluppare la propria consapevolezza critica attraverso il mezzo fotografico. 23 fotografie realizzate dai 9 ragazzi partecipanti: Michela Ronzoni, Stella Bergenti, Sofia Da Riva, Andrea Cervone, Bianca Salvarani, Imane El Masnaoui, Morena Acquistapace, Maria Acquistapace e Monica Edobor. post: Corrado Pini
La guerra va a concludersi a nord e nel deserto arrivano squadre di tecnici nordamericane e internazionali col compito al limite dell'impossibile di spegnere velocementegli incendi. Dietro a loro arriva Salgado. La Guerra del Golfo è stata definita la prima guerra del villaggio globale, tante immagini sono arrivate a noi che assistevamo guardando i telegionali. Le fotografie di Salgado però sono rimaste negli occhi della gente anche dopo tanti anni. La mostra si chiama Kuwait. Un deserto in fiamme e raccoglie trentaquattro immagini in grande formato, naturalmente in bianco e nero. Si è conclusa il 28 gennaio 2018 a Milano in via Meravigli, ma di certo verrà riproposta a breve in altre città. Cos'ha la fotografia di Salgado, quali sono le qualità che permettono alle sue immagini di farsi ricordare?
Un'insieme di caratteristiche, estetica, qualità, contenuti, storia; i due parole forma e contenuto. Eppure forse c'è altro, ogni immagine è un'icona, da sola può reggere il racconto di una storia e spesso non una storia qualunque, ma un'avventura. Un'ultima cosa, in un mondo dove la gente non sa aspettare e non presta attenzione se non per qualche istante, Salgado sa attendere il momento migliore, la composizione adatta e sopratutto la luce giusta, e questo si vede e si ricorda. post: Corrado Pini Riprendiamo a descrivere i classici giovedì di Parmafotografica dopo la forzata sosta per maltempo della scorsa settimana. Ritorna Raffaele Di Paquale, nostro attivo ed apprezzato socio, con un porfolio in bianco e nero di sedici fotografie, introduce la serata Francesca Ruggieri. L'idea per Liutai a Cremona arriva durante la visita in una bottega artigiana nella vicina città lombarda dove si costruiscono preziosi violini. Raffaele ci ha ben abituato con le sue belle stampe elegantemente presentate, il portfolio è molto omogeneo, i tagli stretti delle immagini chiudono sulle fasi di lavorazione del legno durante la costruzione degli strumenti.
Un ospite in un apprezzato intervento replica osservando che di solito gli artigiani non sono interessati ad essere ritratti, preferiscono che il protagonista sia l'oggetto che appassiona, in questo caso lo strumento musicale. La discussione tocca in seguito il concetto di interpretazione e documentazione. Raffaele per ispirazione è documentarista, lo spirito che lo ha mosso è il desiderio di raccontare alcune fasi del lungo lavoro di costruzione degli strumenti ad arco. Questa volta però ha dato un tocco interpretativo più accentuato del solito al portfolio. Nell'atto del fotografare c'è sempre il desiderio di riprendere la realtà, ma dietro all'obbiettivo c'è un autore che ha una visione inevitabilmente soggettiva. Il taglio, il tempo, la resa del colore o la sua soppressione, la lunghezza focale, la luce e via elencando, sono tutte scelte che influenzano il risultato finale e quindi sono fasi interpretative. Chiediamoci anche quanto la forma sia anche essenza. Ho imparato ieri che il tipo dei legni utilizzati, il loro spessore (misurato col micrometro addirittura), la vernice e tutto quello che contribuisce a dare forma al violino, influiscono in modo sostanziale al suono che il musicista potrà ottenere e quindi alla voce, vera anima dello strumento. Allo stesso modo ogni scelta del fotografo (anche involontaria) prima e dopo gli scatti indirizza le fotografie in una direzione precisa, personale e interpretata. Forse estremizzo un po' dicendo che la fotografia non è mai del tutto oggettiva ma sempre e solo soggettiva e quindi interpretata. Queste rifessioni escono dalle serate del circolo dove confrontando opinioni si manifestano sempre idee interessanti e spunti di approfondimento attraverso i quali non solo la cultura generale ma la fotografia di ognuno di noi esce arricchita. Anche questo è obiettivo dei circoli fotografici. All'inizio della serata, dato un primo sguardo alle stampe mi è tornata alla memoria la famosa fotografia di Man Ray (Le violon d'Ingres).
In Liutai a Cremona l'eleganza delle chiavi di violino e le forme degli strumenti ricordano le curve femminili. Nel giorno della festa della donna perchè non pensare che le mani degli artigiani liutai sono come quelle degli amanti che accarezzano l'amata. Nelle fotografie di Raffaele le mani sono mosse, delicate, appassionate ed esperte, ma protagonista è sempre lei, la donna, anzi il violino. post: Corrado Pini Per una volta la consueta serata di incontro con l'autore non ha avuto luogo. Le pessime previsioni meteo hanno consigliato di rimandare l'intervista di Carlo Carra a Massimo Marazzini, nostro socio ed membro del collettivo Contrails. La serata verrà recuperata il giorno 22 marzo prossimo e si parlerà a tutto tondo di fotografia. Ma , se piove o nevica dobbiamo per forza rassegnarci a lasciare la fotocamera nel cassetto? Naturalmente no, salvo precauzioni per proteggere l'attrezzatura non tropicalizzata, fatta scorta di voglia di affrontare il freddo e con un buon paio di scarponi caldi che come dice Koudelka sono l'accessorio più importante per il fotografo. A proposito di maltempo, curiosando per il web ho scoperto un autore che credo meriti una segnalazione: Christophe Jacrot.
La sua fotografia è ispirata dal brutto tempo. Neve, vento, pioggia, ombrelli aperti, distorsioni causate dall'acqua sui vetri, luci nella notte sono protagonisti nelle sue fotografie. Jacrot ci regala visioni di città e paesaggi diversi dalla consuetudine, un mondo parallelo e specchiato rivelato dalla pioggia. I colori sono accesi e vivaci sottolineati dai lampioni e dalle insegne luminose, il buio della notte li esalta. Le persone, rare, sono solo ombre o silhouette, spesso con l'ombrello aperto. Soli nel buio, la notte li avvolge e protegge, la pioggia la neve non aggrediscono ma difendono come un bozzolo. L'inverno è parte del ciclo della natura, motore dell'evoluzione, va rispettato e ci regalerà la sua bellezza. post: Corrado Pini |
Archivio
Aprile 2024
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 07.03.2001. Tutto il materiale presente nel sito è pubblicato a scopo divulgativo, senza fini di lucro. Eventuali violazioni di copyright se segnalate dagli aventi diritto saranno rimosse al più presto dall'autore. |