Un saggio a cura di Simona Guerra scritto in forma di intervista raccogliendo brani di conversazioni con il celebre fotografo. Giacomelli ormai anziano, si concede raccontando episodi, storie e motivazioni della sua fotografia. Narra la sua vita attraverso le sue serie, mostra il suo carattere spigoloso ma sincero e diretto, le sue idee anticonformiste. Al di là degli aneddoti il libro è interessante perchè aiuta a comprendere la poetica di un grande autore. Giacomelli si pone al di fuori delle classifiche, non è solo fotografo, poeta, pittore, unisce le tre categorie. Un fuoriclasse e come tale inimitabile, copiandone lo stile si può diventare al massimo un suo clone. Pur non essendo un libro fotografico vero e proprio ci sono fra le pagine alcune immagini tratte dalle serie più importanti, sono fotografie che lasciano il segno, i bianchi tirati al limite e i neri profondi si mescolano in foto potenti. Qualcuno ha detto che le sue fotografie sembrano quasi disegnate con un pennarello nero a punta grossa. Certo il suo stile non era merito di chissà quale attrezzatura, ha sempre utilizzato una vecchia e pesante fotocamera Kobell modificata artigianalmente secondo le sue esigenze, negli ultimi tempi tenuta insieme dalle saldature e dal nastro isolante. Più volte dichiarò che quando la sua macchina si fosse definitivamente guastata lui avrebbe smesso di fotografare. Giacomelli rivendicava il fatto di non essere professionista, di fotografare solo quando lo desiderava e quando poteva, spesso solo la domenica impiegando fino a tre anni per concludere un lavoro. Non inseguiva il successo e il denaro ma la sua vena creativa; la serie del mattatoio non venne mai conclusa perchè non riusciva a stare ed a lavorare in un luogo pieno di tanto dolore. Non fuggiva però la sofferenza, le serie negli ospizi sono fra le più ispirate, la vecchiaia e il declino erano ben presenti nella sua poetica e temute più della morte stessa. Le sue fotografie esistevano prima dentro di lui e soltanto successivamente le produceva su pellicola. Spesso era in contrasto con certa critica che badava alla forma più che alla sostanza, ma fu anche riconoscente a chi invece riusciva a capirne le motivazioni e la sensibilità. In questo senso, importante fu la sua amicizia con il pittore Alberto Burri. "La mia vita intera" è un libro che mi sento di consigliare a tutti coloro che amano la fotografia, è di facile lettura ed anche divertente ma regala concetti importanti per conoscere l'uomo e l'artista Giacomelli. Forse il primo fra tutti: "La fotografia è una cosa semplice, a condizione di avere qualcosa da dire", qualcosa di autentico. post Corrado Pini Guarda questa, la potevo fare anche io! Non neghiamolo, prima o poi lo abbiamo affermato tutti di fronte alla fotografia di un autore più o meno celebre che ci sembrava mal riuscita. Ci chiediamo perchè quella foto poco ispirata è comunque esposta in galleria o pubblicata in un libro.
Forse siamo noi che non le capiamo? Oppure c'è altro che ci sfugge? Se queste perplessità valgono per la fotografia, a maggior ragione esistono per l'arte in generale e per quella contemporanea ancora di più. Francesco Bonami prova a dare la sua risposta a questi dubbi con il libro "Lo potevo fare anch'io". Il sottotitolo è "Perchè l'arte contemporanea è davvero arte", ed è un'affermazione. Se vogliamo dare etichette possiamo dire che Bonami è un celebre critico e curatore di eventi legati all'arte ed ora anche scrittore e divulgatore. Nel suo libro ci racconta con linguaggio divertito e divertente le vicende di alcuni artisti moderni o contemporanei. Ecco che viene dedicato un capitoletto a colui che ha provocato una certa rivoluzione nell'arte, Marcel Duchamp che iniziò pittore, poi Lucio Fontana con le sue tele tagliate, Jackson Pollock, rivoluzionario senza eredi, Wharol e chi non lo conosce!. Richter, Kapoor, Mapplethorpe (un fotografo), poi Richard Prince, Rauschenberg, Beuys, Christo con Jeanne-Claude (abbiamo partecipato all'ultima sua opera sul lago d'Iseo pochi mesi fa), Damien Hirst, Keith Haring, Botero, Guttuso. Insomma tanti nomi più o meno celebri, per ognuno un breve ritratto nel quale non vengono risparmiate critiche. Sottile è la lama che separa genio e trovata dozzinale, Bonami afferma che l'importante è avere l'idea giusta al momento giusto e prima degli altri.
Bonami ci vende qualche strumento per capire meglio l'arte che è cosa molto umana e la si deve accostare con curiosità e passione. Non ci sono verità assolute, capita spesso che artisti sconosciuti in vita vengono rivalutati dai posteri, le mode come i gusti cambiano velocemente. Per quanto riguarda la fotografia... [...] chiariamolo bene, non è un'arte più di quanto lo sia un pennello o lo schermo di un computer. Infatti chi parla di computer art non sa cosa dice, confondendo il mezzo con il contenuto, con l'idea, con il risultato, scambiando lo strumento per l'opera. Un altro brano significativo: [...] i bravi maestri insegnano, principalmente, ad essere liberi. Quindi abbiate idee, nuove o poco usate e comunque coraggiose.
Non facile. Stefano Cavazzini è il primo dei soci di Parmafotografica a presentarsi nel classico giovedì di incontro con l'autore. Ci ha portato tre proiezioni con immagini sonorizzate: "Terra madre", "Imaginarium", "Sulla rotta di Darwin". Nella breve introduzione Stefano ci illustra sua ricerca che negli ultimi anni punta ad esplorare il sottile confine tra vero e verosimile, la strada che percorre è quella che vuole unire estetica e poetica. Il primo lavoro raccoglie fotografie prese nelle campagne e colline intorno a Parma, nel secondo troviamo composizioni (quasi still-life) con oggetti di uso quotidiano trasformati in altro. L'alfabeto che Stefano usa per raccontare è un bianco e nero ricco di dettagli, intenso, contrastato ma allo stesso tempo delicato e sognante. La post-produzione viene utilizzata con grande abilità ma con misura, soltanto in quanto utile allla valorizzazione delle immagini. Spesso combina due fotografie alla maniera di una doppia esposizione. Cavazzini ex pittore che ha trovato nella fotocamera il pennello ideale, produce le sue fotografie come fossero quadri, ognuna deve vivere della propria forza. Raramente riprende persone, l'uomo è presente con sue opere e con l'influenza che ha sull'ambiente. "Sulla rotta di Darwin" invece è un progetto diverso, l'idea viene da un libro, "Viaggi di un naturalista giramondo" di Charles Darwin, testo importante per la formazione giovanile dell'autore. Stefano utilizza fotografie di muri scrostati e macchiati, aggiungendo in digitale alcuni particolari per illustrare brani di Darwin. Qui si gioca sul filo della lama tra vero e verosimile e spesso i muri scompaiono e si rivelano monti, jungle, mari in tempesta, paludi, baie. Per godere con calma delle intense immagini di Stefano Cavazzini consiglio di visitare il suo sito un po' nascosto ma raggiungibile da questo LINK.
Ancora meglio, visitate l'esposizione presso il Caffè del Prato, aperta per qualche giorno ancora. Potrete ammirare le stampe che sono la massima espressione per la fotografia di Stefano e per quella di tutti, insieme al libro. E questo è un augurio per il prossimo futuro. post: Corrado Pini Anche quest'anno l'impegno di Parmafotografica per sostenere un'associazione che opera sul territorio si è concluso. Alcuni soci del nostro circolo in rappresentanza di tutti coloro che hanno contribuito, hanno consegnato ad A.N.F. Onlus il ricavato delle raccolte avvenute nello scorso dicembre. Come sempre si dice, ma davvero senza retorica, si tratta di una goccia, però importante per aiutare la ricerca su questa malattia mal conosciuta. L'Associazione Neurofibromatosi ci ha onorato di un riconoscimento prezioso: "Amici per la pelle". Pubblico le fotografie di Davide Fornari a testimonianza della bellissima accoglienza ricevuta. La nostra Fotografia punta non soltanto all'arte ma anche alla solidarietà. Da oggi, grazie ad A.N.F. siamo più ricchi. Aggiornamento. 18 febbraio 2018, dal post di Davide Fornari su FB : Ieri nel tardo pomeriggio Parmafotografica ed ANF hanno incontrato il Prof. Caleffi Edoardo, Direttore della struttura complessa di Chirurgia Plastica e Centro Ustioni dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma a ringraziamento dell'attività benefica svolta e per illustrare come verranno utilizzati i 1200€ raccolti e donati da Parma Fotografica ad ANF onlus Associazione Neuro Fibromatosi #parmafotografica #ANF #Beneficenza #solidarietà #parmafotograficaperilsociale post: Parmafotografica Durante una recente serata ci siamo chiesti se il valore del lavoro di un autore diminuisce quando utilizza all'interno di una sua opera parti o frammenti di lavori altrui. In particolare se ne soffre la sua autorialità e la sua identità artistica. Credo che l'argomento sia complesso e meriti approfondimento ma come sempre posso indicare le domande e meno le risposte. Naturalmente nel mondo digitale è più semplice operare sulle immagini ma anche in passato abili stampatori potevano in camera oscura modificare a piacimento le fotografie. La storia dell'appropriazione arte è lunga. Il primo è stato forse Duchamp che ha elevato al rango di arte (qualsiasi cosa il termine voglia significare) oggetti di uso quotidiano "ready-made", già fatti. L'artista non produce più nulla ma soltando decide ciò che è arte, magari solo una ruota di bicicletta. Andy Warhol prese lattine di zuppa, bottiglie di bevande commerciali e le reinventò. Utilizzò immagini non sue di Marilyn Monroe e le ricolorò facendole icone che oggi vengono associate soltanto a lui. C'è chi è andato oltre.
Mimmo Rotella, importante autore del panorama artistico italiano del dopoguerra, trovò l'idea vincente e il modo di esprimersi che gli ha dato fama: il décollage. Recuperava nottetempo manifesti pubblicitari strappati. La stratificazione, l'incollagio e la lacerazione casuale formavano la base che poi adeguatamente rielaborata in studio diventava opera. L'opera figlia del caso, non totalmente creata ma trovata, riconosciuta ed elevata dall'artista. Ancora di più? Richard Prince pittore e fotografo ha costruito la strategia creativa sull'appropriazione e ha aperto il genere della rephotography. Un esempio chiarificatore: il lavoro Cowboy dove ha ripreso le fotografie della campagna pubblicitaria di una celebre marca di sigarette che si basavano su foto dell'epopea del west americano, eliminando marchi e scritte. Un altro caso importante, Sherrie Levine ha ri-fotografato opere e ne ha fatto lavori come la serie intitolata "After Walker Evans". Quindi non contaminazione o incorporazione ma appropriazione totale. Provocazione intelligente o abile operazione commerciale? Credo che ogni caso sia diverso e vada valutato. La contaminazione è sempre positiva e direi inevitabile se non altro perchè la nostra stessa cultura personale è frutto di una mescolanza inestricabile di tutto ciò che abbiamo visto e sentito da quando siamo venuti al mondo. Ai posteri l'ardua sentenza ma non dimentichiamo che anche Picasso, non l'ultimo arrivato in questioni di arte diceva: “I mediocri imitano, i geni copiano”. post di: Corrado Pini Inizio con un'evidenza alla Catalano, l'erotismo è cosa diversa dalla pornografia, non ci piove. Maneggiare l'argomento porno è complicato. Lucio Braglia del Circolo degli Artisti di Reggio Emilia ci ha proposto, nel consueto giovedì di incontro con l'autore di Parmafotografica, un lavoro ricco di contaminazioni e ibridazioni. L'autore ci racconta che l'idea gli girava in testa da tempo ed è riuscito a realizzarla pienamente quando ha trovato infine un linguaggio adatto e soddisfacente. Tecnicamente si tratta di fotogrammi selezionati da filmati a luci rosse reperiti sul web, rifotografati, post-prodotti e filtrati "a togliere" quanto possibile. Il rimanente, l'essenziale depurato dall'aspetto pruriginoso, viene stampato su una carta appositamente stropicciata e maltrattata ottenendo un effetto che osservato da lontano somiglia all'acquarello e più da vicino regala un effetto tridimensionale molto efficace. L'mmagine ottenuta è montata su larghi pannelli con evidenti segni a matita a delimitare rettangoli aurei. La sensazione finale in certi casi è quella di essere di fronte ad immagini del filone dell'arte erotica giapponese. Non quelle di Nobuyoshi Araki decisamente più esplicite, ma piuttosto quelle di immumerevoli artisti orientali che producevano opere delicate ed eleganti, su carta di riso. Il dibattito si è poi diramato in molteplici direzioni, toccando la storia della fotografia con l'immancabile dualismo analogico/digitale, le caratteristiche della sezione aurea, proporzione che troviamo ovunque in natura e considerata canone di bellezza, l'utilizzo di materiale "ready-made" all'interno di nuove opere come nel caso di "C'era una volta il porno". Tanta carne al fuoco, tanti spunti da approfondire che una bella serata di discussione ha potuto solo sfiorare ed introdurre. Simpatico l'aneddoto avvenuto durante una delle uscite pubbliche di questo portfolio che ha partecipato anche a fotografia Europea. Durante una delle mostre un'anziana coppia ha avuto reazioni opposte, mentre lei ha normalmente visitato l'esposizione, lui è rimasto immobile al centro della sala con fare imbarazzato, in attesa della moglie. Qui inserisco il mio pensiero riguardo alla Gestalt cioè al problema della percezione e del fatto che la mente recupera le parti mancanti di un'immagine.
Classico l'esempio del disegno dei vertici di triangoli che vengono visti completi secondo la regola che il tutto è più della somma delle singole parti. Ecco, nelle immagini pur depurate, filtrate e rese grafiche, c'è sempre la traccia dell'origine a luci rosse e la mente (sicuramente quella maschile, per le donne non dico) completa le parti mancanti. Per questo affermo che "Cera una volta il porno", c'è ancora e ci sarà sempre. Sarebbe interessante conoscere il parere del lato rosa della luna, che ne dite? post: Corrado Pini Trovo complicato scrivere di quanto osservato lo scorso giovedì nella consueta serata di incontro con gli autori. Al termine sono più le domande irrisolte che le risposte raggiunte. Cos'è l'arte, come si riconosce? Per essere artisti basta dichiararsi tali, oppure la capacità di fare arte è cosa rara e solo alcuni ne sono dotati? Fino all'inizio del novecento l'aspetto tecnico era fondamentale, l'abilità dell'artista si manifestava nell'opera, fisicamente, materialmente, nella pietra o con il colore. Le idee a volte sovversive o anticipatorie si dovevano fare largo all'interno di un incarico commissionato che spesso aveva limiti e confini evidenti. Successivamente l'idea ha preso il sopravvento sulla realizzazione tecnica e oggi l'osservatore spesso rimane perplesso di fronte ad allestimenti ed opere come quelle di Duchamp.
della presenza dell'autore che possa introdurre in maniera corretta l'opera, altrimenti lo spettatore se non adeguatamente preparato rischia di perdersi.
Chi pensa invece che una fotografia debba riuscire a trovare in sè stessa la capacità di manifestarsi nel suo significato non potrà apprezzare più di tanto questo tipo di fotografia. Concetto o documento, filosofie diverse entrambe legittime che sembra possano fare fatica a convivere. In realtà ogni immagine può significare altro dalla sua evidenza ed è la nostra mente che ha bisogno di steccati e categorie. Proviamo a superare le barriere, anche se il tentativo fallirà credo che l'esperienza possa comunque arricchirci. post: Corrado Pini In questo caso il tema è "La famiglia" e i ragazzi lo hanno interpretato con buona personalità. Anzi le ragazze, perchè mai come questa volta sono state le donne a fare la parte del leone. La mostra, completata con le splendide immagini di Stefano Cavazzini è esposta presso il Caffè del Prato in piazzale San Francesco,1 a Parma fino al 16 febbraio 2018. La fotografia è uno spendido modo per imparare a vedere con più consapevolezza il reale e per esprimere la propria creatività. L'augurio è che i ragazzi possano continuare a coltivare il germoglio della passione per le immagini che è sbocciato in molti di loro. Nei soci di Parmafotografica cresce ancora rigoglioso, ne sono dimostrazione le tante presenze al brindisi di apertura, l'impegno messo dai tutor per la buona riuscita del corso e come vedete dalla foto di backstage, quello messo nell'allestimento. Il brindisi inaugurale di sabato scorso non sia quindi il punto finale della storia fotografica di questi ragazzi ma soltanto in termine del primo capitolo.
A ben pensare nemmeno di quello, perchè il vero capolinea del corso autunnale di fotografia sarà la consueta affollata divertente immancabile cena che ben presto verrà organizzata. Tenetevi liberi. post: Corrado Pini Gennaio, dopo una lunga sosta natalizia ci si ritrova con un rinnovato entusiasmo che la mattinata umida e nebbiosa non scalfisce, per la prima uscita del 2018. Si va nella vicina Montecchio Emilia per visitare il mercatino fotografico e le mostre nel castello medievale. La principale è quella dedicata a Ivano Bolondi, profeta in patria con una bella retrospettiva: Africa che si inserisce nella rassegna "I 5 continenti – Immagini come parole" Splendide immagini osservando le quali mi è sembrato di notare l'evoluzione dello stile di Bolondi nel tempo. Prima fotografie più descrittive in stile reportage e poi sempre più personali, quasi intimistiche dove dominano sfocati, ombre e colore. In castello non manca come sempre la possibilità di provare fotocamere ed obbiettivi dei principali marchi, oggetto dei desideri dei fotoamatori più tecnologici. Da sottolineare la proposta di Alessandra Calò, "Officine meccaniche reggiane (e altre storie)"
Sempre molto originale ed ermetica, la ricordiamo ospite del nostro circolo qualche anno fa. Come ormai nostra tradizione non rinunciamo a salire la torre campanaria che domina Montecchio Emilia per catturare qualche panorama dall'alto. La bella mattinata passata insieme a tanti appassionati è stata la prima di tante altre giornate di fotografia che arricchiranno il 2018 che è davanti a noi. Un intero anno a disposizione, facciamone buon uso. post: Corrado Pini Ho assistito ad un paio di conferenze con G.B.Gardin e ho visto alcune sue interviste che si trovano facilmente sul web. Sempre, il nostro grande vecchio ha fatto riferimento all'amico e maestro Willy Ronis. Ronis, parigino del 1910 ha attraversato in ventesimo secolo ed ha fotografato con sguardo attento ma sempre rispettoso e delicato. Curiosando in libreria ho pescato questa bella pubblicazione che contiene 120 fotografie rigorosamente in bianco e nero, edizioni Contrasto per la serie "Lezioni di fotografia". A fronte di ogni immagine si trova una paginetta nella quale l'autore ci racconta cosa ha attirato la sua attenzione e come è riuscito a catturare il momento. Niente dati tecnici, soltanto il "dietro le quinte" del suo percorso mentale che lo ha portato al clic. Ronis non scattava molto, il momento durante il quale in strada tutto si compone non dura tanto da permettere troppi tentativi, sovente soltanto uno, perciò è bene avere consapevolezza per non perdere preziosi scatti.
Il libro è diviso in cinque capitoli che fanno capo alle parole pazienza, riflessione, caos, forma e tempo. Non sono compartimenti stagni né ricette da seguire per ottentere fast-foto. Ogni volta che ci poniamo di fronte ad una potenziale fotografia tutti questi cinque temi compartecipano ed a volte qualcuno di essi prende il sopravvento. Poi è la testa del fotografo che fa la differenza come sempre, anche e soprattutto quando si fa fotografia dal vivo come dice Ronis intendendo quella che oggi chiamiamo street-photography. Un bel libro che racconta tanto di Ronis e molto di quello che a volte inconsapevolmente succede dentro la nostra mente prima che il dito prema il pulsante di scatto. Le "Regole del caso" sono numerose, misteriose ma affatto casuali. post: Corrado Pini Pugni nello stomaco sono quelli che James Nachtwey sferra ai visitatori. Anche chi arriva preparato, fotografo per professione o passione, viene assalito dalle grandi immagini perfettamente illuminate di "Memoria". Nachtwey nei decenni della sua attività espora i luoghi dei maggiori conflitti e delle crisi nel mondo. Somalia, El Salvador, Gaza, Romania, Sudan, Rwanda, Iraq, Nepal, Stati Uniti, in questi e molti altri luoghi Natchway ha viaggiato, osservato e ci mostra la sua visione. Le fotografie sono documenti pieni di simboli e sono state scelte direttamente da Natchwey che insieme a Roberto Koch ha curato l'allestimento. Il dolore, la violenza, l'inutilità di tante guerre si svelano e si materializzano nella grande parete a metà della mostra, un mosaico composto di fotografie prese nelle sale operatorie da campo sui campi di battaglia. Tante foto addossate l'una all'altra senza cornici, senza pause, senza riprendere fiato, che diventano una sola grande immagine: il lato oscuro dell'uomo, di tutti noi. Nessuno rimane indifferente, la mostra si visita quasi in silenzio, il contenuto sovrasta la forma e la pur magnifica composizione delle immagini. Poi si esce da Palazzo Reale e ci si immerge nella folla presa dagli acquisti e capita di passare di fianco ai mendicanti veri e falsi coricati per terra con i loro cani, c'è chi passa e qualcuno invece regala una moneta.
Ognuno recita la sua parte, un'altra faccia del lato oscuro che diventa normalità. "Memoria" e autori come Natchwey hanno la forza di scuoterci per farci vedere per un attimo ciò che in realtà è sempre sotto ai nostri occhi, poi passa e torniamo alla nostra rassicurante Matrix. Va tutto bene, fra pochi giorni è Natale. James Nachtwey - Memoria Dal 1 dicembre 2017 - 4 marzo 2018 Palazzo Reale - Milano post Corrado Pini Il titolo è una dichiarazione di intento. Tempo fa ero convinto che non fosse poi così importante e che dovesse in fondo solo attirare l'attenzione. Sbagliavo, in un opera di qualsiasi genere, tutto è importante. La prima cosa che proponiamo ai nostri spettatori è proprio il titolo col quale indichiamo di cosa ci occuperemo. "Semplicemente campagna" è il titolo scelto da Fausta Bertolotti per il suo lavoro, prodotto per essere esposto nelle sale della libreria Voltapagina. Poi aggiunge: "mentre cammino mi sento avvolgere da tutto ciò che mi circonda...colori, profumi, silenzi, tranquillità ma anche curiosità e scoperta". Ecco quindi fotografie dell'ambiente rurale nei dintorni di casa, poco lontano dalla città.
La campagna però non è semplice, è la casa nella quale gli uomini hanno vissuto e lavorato per millenni. E' fatica, natura madre e matrigna, albe viste per accudire gli armenti, notti estive passate sui campi a lavorare la terra. La campagna è rischio quando una gelata fuori stagione può compromettere il raccolto, è abbondanza e carestia. Il termine "semplicemente" lo intendo come riferito al modo di cattura della immagini; tranquillamente, in leggerezza. Immaginiamo Fausta passeggiare osservando filari di alberi, semine ordinate, vecchie masserie ormai abbandonate, stalle vuote. Camminando con la sua "macchinetta" come chiama la sua piccola mirrorless, si ferma e fotografa ciò che le viene offerto. Non sono scatti casuali però, non ci aspettiamo inquadrature frettolose; Fausta ci mette del suo con composizioni ordinate e occhio ai particolari. Il lavoro che ci ha presentato che non è concepito come classico portfolio, si può dividere in tre serie da cinque foto. Prima l'ambiente naturale ormai antropizzato, poi stringe sui particolari e su alcuni interni, infine chiude con alcuni controluce col sole protagonista. Sono immagini un poco malinconiche, influenzate dal momento che l'autrice si trova a vivere, ma alla fine esce con forza il carattere solare di Fausta, combattivo e positivo. Non siamo di fronte ad un reportage ma a fotografia emozionale e personale. Non è forse vero che quando fotografiamo, in fondo parliamo di noi stessi? post di Corrado Pini La sospensione d’incredulità, è per così dire un tacito patto fra il lettore, lo spettatore e l'autore per cui i primi sospendono l'incredulità razionale ed entrano nella storia per quanto fantastica essa possa essere. Ad una condizione però, il racconto deve avere leggi interne di credibilità, anzi ancor meglio, di coerenza, se questa viene meno anche per una volta la storia perde immediatamente di valore. Seguendo questo presupposto fondamentale sono stati creati mondi virtuali, verosimili oppure totalmente fantastici che fanno la fortuna di tanto cinema e letteratura. In particolare la "regola" viene utilizzata da sempre nel mondo dei fumetti di tutto il mondo. Ogni casa editrice a partire da quelle che pubblicano Manga e Anime (fumetti giapponesi) ha sviluppato un proprio "universo" coerente e sempre più complicato nel quale agiscono decine di personaggi. Dentro questi mondi virtuali pescano a piene mani i Cosplayer. Quello del Cosplay è un fenomeno nato in Giappone qualche decina di anni fa e poi si è diffuso in tutto il mondo. Non si tratta di attori che interpretano un personaggio e nemmeno di persone che indossano un costume come a carnevale, c'è invece una forte identificazione fra personaggio e interprete. Non si indossa soltanto un costume ma ci si muove e si interagisce come farebbe l'"eroe" preferito. Naturalmente sono nate numerose manifestazioni per riunire i cosplayer e dare sfogo a questa vera e propria passione, come per esempio quella enorme di Lucca Comics. Alessio Bizzi partecipando a queste grandi fiere è rimasto colpito anzi sorpreso -ha affermato- dai cosplayer e ha ideato un lavoro che si è sviluppato prima a Lucca e poi a Milano, Mantova e Rimini e si è concretizzato in una serie di ritratti molto particolari che sono già stati esposti in una mostra personale a Noceto (PR). Per catturare le sue immagini Alessio ha utilizzato la sua reflex e un flash esterno che gli ha permesso di gestire la direzione del lampo nella maniera migliore.
Il bianco e nero, già gradito all'autore è servito anche per rendere omogenee le fotografie prese in situazioni di luce e in ambienti diversi. Inoltre, eliminare i colori ha permesso di concentrare l'attenzione sui volti e gli sguardi, quando sono visibili, annullando le numerose fonti di distrazione causate dalla babele di colori dei costumi dei super-eroi. Il mondo Cosplayer è immenso, multiforme come le personalità degli eroi di cartone, che non sono più senza macchia e senza paura ma sono diventati controversi, violenti e combattuti. Alessio Bizzi ha già in programma di esplorarne un altro capitolo con un angolo di visione diverso che crediamo possa sorprendere di nuovo anche noi come è accaduto per "Cosworld, dentro un mondo in maschera". post: Corrado Pini Vi propongo un gioco. Aprite una mappa on-line scegliete una parte del mondo che vi interessa e poi ingrandite fino a vedere le cittadine e i paesi più piccoli. Mi piace seguire ad esempio le linee delle coste più a nord del mondo, dal Canada alla Russia. Quando trovate un nome interessante cercate le fotografie dei quel luogo sui motori di ricerca. Vedrete immagini a volte incredibili di posti splendidi e totalmente sconosciuti. Chissà come vive la gente, chissà quali problemi ma anche quanta bellezza ci sono laggiù. Soltanto così, un po' per caso è possibile trovare Brădet nel sud-ovest della Romania. Nascosta tra le montagne con sette km di strada ormai ridotta a carraia da percorrere per raggiungere il comune più vicino, nessun turista la prenderebbe in considerazione, nessun media ne farebbe soggetto di un articolo. Gianluca Farina invece si, qualche anno fa lasciò il lavoro da commercialista e decise di dedicare le sue energie agli altri. La provvidenza, afferma, lo ha portato in Romania. La ristrutturazione della scuola del paese è soltanto la parte più visibile di ciò che Gianluca ed amici hanno realizzato, solo l'inizio di un'avventura. C'è tutto quello che gira intorno a quell'edificio, il lavoro offerto alla gente del posto, persone che hanno imparato un mestiere, la possibilità per i bambini di studiare in un ambiente caldo, pulito e sicuro. Poi tanti corsi di musica, attività sportiva, aggregazione; in definitiva cultura e speranza. Maggiori informazioni le potete trovare nel sito Il Giocattolo Asociatia, tutte le belle cose fatte e i progetti per il futuro, accennarne qui sarebbe riduttivo. Visitando il sito ci si rende immediatamente conto di quanto materiale ci sia per un fotografo che vuole raccontare storie e Gianluca è anche un fotografo. Da generoso quale è ha voluto condividere la sua esperienza proponendo "Le stagioni della Romania" una serie di fotografie con commento musicale, cercando di dare ritmo alternando regolarmente panorami, ritratti ambientati e ritratti stretti. Lo scopo era quello di dare a noi spettatori un'idea dei luoghi e delle popolazioni rumene. Abbiamo notato la particolare predisposizione di Gianluca per il ritratto, dote che dovrebbe approfondire. Successivamente durante la serata abbiamo parlato dell'attività dell'associazione ed è venuta fuori prepotente tutto il cuore di Gianluca e con esso anche alcune belle fotografie prese durante l'attività sociale ed i backstage di spettacoli e manifestazioni. Da lì deve partire per produrre lavori vivaci e veri che possono arrivare a toccare gli spettatori. La fotografia di Gianluca Farina è ancora diretta, ingenua e sincera, priva di sovrastrutture compositive troppo complicate. Sono qualità che deve mantenere e sviluppare anche in eventuali portfolio o lavori che si possono avvicinare al documentario. Per valorizzare ulteriormente le fotografie, un suggerimento potrebbe essere quello di sostituire o affiancare la musica con rumori d'ambiente, conversazioni ed eventualmente la sua voce narrante che racconta. Tirando le somme di una bella serata dobbiamoto fare i complimenti a Gianluca Farina per le scelte coraggiose che ha fatto e per tutto il lavoro che svolge cambiando in meglio la vita delle persone, come solo un vero missionario laico può fare.
Si dibatte sulla questione se il fotografo deve documentare senza intervenire o mettere da parte la fotocamera ed aiutare. Gianluca ha risolto il problema, fa molto bene entrambe le cose. Noi abbiamo conosciuto meglio un grande uomo e poi, possiamo dirlo con orgoglio, è anche nostro socio. link: Il Giocattolo associazione post: Corrado Pini Ci iscriviamo ad un corso di fotografia per realizzare una buona immagine, per riuscire a ritrovare grazie ad una foto la stessa sensazione provata davanti alla scena, nella realtà. Insomma, per ricordare meglio. Non esistono formule magiche ma con un po' di studio ed esercizio alla fine si riesce a portare a casa un bello scatto con buona frequenza. Giunti a quel punto però sentiamo l'esigenza di qualcosa di meglio, realizzare alcune buone fotografie non ci basta più. Abbiamo l'esigenza di comunicare, dobbiamo realizzare un racconto fotografico, un portfolio e l'asticella delle difficoltà si alza. Per scrivere una storia bisogna seguire alcune regole necessarie per farci capire dagli altri, senza linee guida sarebbe comprensibile solo a noi. Ricordiamo che la fotografia non è un linguaggio codificato e quindi si presta ad ampie interpretazioni. Orietta Bay, vera e propria maestra ha tenuto una lezione per illustrarci quali sono questi schemi. Le due ore della serata sono bastate soltanto per un accenno a tutti gli argomenti che andrebbero approfonditi meglio in seguito. Ci ha mostrato anche diversi esempi di portfoli, alcuni buoni e altri meno, per mostrarci modi diversi di presentare racconti fotografici e anche errori da evitare. Per chi inizia ad affrontare questo tipo di espressione è utile avere degli schemi da seguire. Non esistono regole ferree, chi ha particolare creatività può ignorarne qualcuna ma è importante che la "trasgressione" sia motivata e porti un valore aggiunto migliorando il portfolio, altrimenti si scadrebbe in un lavoro mal fatto e difficilmente comprensibile. La lezione di Orietta Bay ha interessato il folto pubblico che ha riempito la sala ed è stata un'importante
introduzione a Colorno Photo Life che poche ore dopo ha inaugurato l'edizione 2017. Nella sede del festival colornese abbiamo potuto approfondire i concetti appresi assistendo a diverse letture portfolio, anche della stessa Orietta. Si tratta di un'attività molto importante per comprendere meglio come viene visto un lavoro e il modo di ragionare di chi legge le storie fotografiche. E' utile capire gli altri per imparare ad evitare errori nei nostri portfolio ma anche per comprendere meglio le scelte e le motivazioni degli autori dei lavori che vediamo, quelli degli amici e quelli dei grandi fotografi che troviamo esposti nelle mostre. riferimento web: www.fiaf.net/didattica/orietta-bay/ post: Corrado Pini Seguiteci attraverso le sale della Reggia di Colorno durante la visita al PhotoLife 2017 con i ragazzi del corso di fotografia e gli amici di Parmafotografica.
Abbiamo osservato, assistito a letture portfolio, provato qualche scatto, conversato con ottimi fotografi. Sempre con lo sguardo meravigliato e ancora un po' indeciso di chi vuole conoscere di più ed imparare ad esprimersi meglio. Lo sguardo sghembo come quello morbido di una lente giocattolo che vignetta, sgrana e sfoca ma che vorrebbe catturare l'essenza, e ci prova. Forse la nitidezza non è più una necessità. Serata particolare quella di giovedì 26 ottobre, non con un autore fotografico ma con un biologo, Davide Palumbo. Una delle aree tematiche che permettono di coniugare la passione per la fotografia, per l'ambiente e i viaggi è la fotografia naturalistica. Se si cerca qualcosa di più del paesaggio e si vogliono riprendere animali nel loro ecosistema ci si scontra con difficoltà logistiche ed organizzative, specie quando si vuole puntare l'obbiettivo su specie esotiche. Davide, insieme ad altre cinque soci si occupa di portare il fotografo sui luoghi di scatto, organizzando il viaggio e la logistica nei minimi particolari. Non solo, grazie alla loro preparazione scientifica ed esperienza sul campo, lo staff di Biosfera Itinerari è in grado di cercare gli animali in sicurezza e cosa importante, senza disturbarli nelle loro attività. Al fotografo non resta che occuparsi della propria preziosa attrezzatura e dedicarsi alla parte artistica dell'avventura. Naturalmente ogni viaggio ha le sue peculiarità ed è bene informarsi con cura perchè ci possono anche essere disagi. Nulla che una minima preparazione fisica, buona attrezzatura e una forte motivazione non possano superare. Per esempio le alzatacce mattutine sono normali, negli ambienti tropicali gli animali sono attivi nelle prime ore del mattino quando è più fresco e il fotografo deve adeguarsi ai tempi della natura. Davide ci ha mostrato numerose fotografie di professionisti e amatori che hanno viaggiato con l'organizzazione di Biosfera Itinerari, soffermandosi sul backstage e dando anche informazioni tecniche sul modo migliore di ripresa secondo l'ambiente e l'animale da riprendere. Abbiamo velocemente toccato Africa, India, estremo oriente, l'Artico, ammirando belle immagini di potenti tigri, elefanti, primati, tanti animali meno conosciuti ma affascinanti, l'orso bianco imponente, le grandi orche intelligenti e con la dentatura da tirannosauro. Di ogni specie Davide, buon comunicatore, ci ha dato informazioni ed aneddoti e non possiamo negare che è riuscito a trasmettere a molti di noi il desiderio di partire. Imprescindibile sempre e comunque la sicurezza e il rispetto degli ambienti che si visitano, tanto che in molti casi grazie all'attività turistica fatta con attenzione non solo si porta denaro in paesi poveri ma si riesce a tutelare specie in via di estinzione.
Gli animali sono una risorsa importante e la loro salvaguardia produce ricchezza e protegge la biodiversità. Tante informazioni e l'elenco dei viaggi possibili sono a disposizione sul sito di Biosfera Itinerari. riferimenti web: www.biosferaitinerari.it Le miniature sono tratte dalle proiezioni durante la serata e vengono usate solo per documentazione. Due anni sono passati dall'ultimo incontro con Michael Kenna. Partecipò a Fotografia Europea 2016 con la sua "Paesaggi d'Emilia", ricordo l'affollata presentazione a Reggio Emilia presso la Chiesa di San Pietro e San Giacomo. Durante l'intervista Kenna accennò al lavoro che stava ideando, una serie sui confessionali. Oggi quell'idea è diventata un libro. Michael Kenna non è tornato in Emilia soltanto per presentare la sua ultima pubblicazione ma perchè chiamato a ritrarre il Po e il mondo che gira intorno al grande fiume. Intanto ci ha regalato una bella serata che ha avuto un buon successo di pubblico, tanti appassionati di fotografia si sono ritrovati presso la Cattedrale del Po a Boretto. L'ex cantiere nautico recuperato e ristrutturato è diventato un museo e polo multifunzionale adatto per esposizioni e grandi incontri. La serata è stata condotto da Sandro Parmiggiani che ha tradotto le parole di Kenna ed è l'autore dell'indroduzione del libro "Confessionali". Auguriamoci di rivedere Michael Kenna fra un paio di anni qui nella nostra terra a mostrarci come lui vede il nostro amato e temuto grande fiume.
Saranno come sempre fotografie pensate e realizzate con lentezza, in grande formato ed in bianco e nero. Come sempre nelle immagini non ci saranno persone perchè le fotografie di Kenna sono come un palcoscenico prima o dopo lo spettacolo, vuoto ma pieno di promesse e di ricordi. riferimento web: www.michaelkenna.net post: Corrado Pini Etica: dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male. Considerato il titolo del festival è bene informarsi circa la definizione di "etica". Google ha dato il responso che avete letto sopra ma ha messo in mezzo il bene e il male. E che dire di "coscienza": nel linguaggio comune, la valutazione morale del proprio agire, spesso intesa come criterio supremo della moralità. Non avendo una laurea in filosofia lascio stare evitando di addentrarmi in un ginepraio e torniamo a noi. Domenica 15 ottobre, un treno nuovo e puntuale accoglie in nostro gruppo ed è già buon auspicio. Partenza ore 8,07 ma non pesa svegliarsi presto se si va cercare buona fotografia. La meta è Lodi per visitare l'ottava edizione di "Fotografia etica, quando la fotografia parla alle coscienze". Ricordate Biosfera due? Era un'esperimento ambizioso, ricreare un ambiente totalmente isolato e senza scambi di nessun tipo con l'esterno, utile per future colonizzazioni di altri pianeti. Non ebbe successo. E se anche Biosfera Uno cioè la terra stessa fosse un esperimento del genere? Probabilmente ogni tanto qualcuno verrebbe a controllare come vanno le cose, in particolare come sta evolvendo quella scimmia antropomorfa con in testa il seme dell'intelletto. Allora perchè non visitare qualche festival di fotografia come quello di Lodi, ci si trova un riassunto di quello che succede nei vari continenti già fatto e pronto. Forse questi super scienziati una volta parcheggiata l'astronave e ben mimetizzati, sono arrivati in treno con noi mescolandosi ai tanti appassionati che hanno affollato le sale di Fotografia Etica. Dunque eccoci arrivati, scendiamo dal treno e percorriamo un ampio viale che conduce direttamente in piazza Vittoria dove a fianco della Cattedrale troviamo la biglietteria dove si può acquistare il catalogo. Il Festival è distribuito nel centro cittadino:
Tutte le sedi di esposizione sono prestigiose, bei palazzi antichi oppure ex chiese restaurate. Fa eccezione lo spazio espositivo permanente dell'istituto bancario BPL all'interno del centro direzionale vicino alla stazione ferroviaria, merita una visita anche perchè si tratta di una struttura architettonica moderna progettata da Renzo Piano; la visiteremo per ultima prima di ripartire. Durante la giornata faremo nuove conoscenze e ritroveremo amici come Stefano Cavazzini e Massimo Gorreri, entrambi ospiti di Parmafotografica in passato e sempre disponibili a discorrere di fotografia. In Palazzo Barni troviamo Romain Laurendeau l'autore di "Derby" impegnato in una visita guidata. Derby ci racconta del popolo algerino, giovane e bloccato in una situazione sociale di stallo. La gente trova motivo di sfogo nel calcio e nel tifo per le squadre dei quartieri della capitale. Visitiamo una dopo l'altra tutte le esposizioni e come sempre succede in questi grandi Festival, troppe immagini si sovrappongono e si mescolano rendendo dopo qualche ora più faticose le letture. Ci si può fare un'idea generale che si aggiunge a quella del festival dello scorso anno e la rafforza: sempre di più per colpire, farsi notare, imporsi all'attenzione si rappresenta la violenza. Occorre fare delle scelte, non si discute, inquadrature, prospettive, colore, bianco e nero sono sono la grammatica del linguaggio del fotografo. Nel reportage la storia dovrebbe essere al centro e le fotografie gli strumenti per raccontarla, se sofferenza c'è, che sia funzionale alla narrazione, non il contrario. Invece quasi si impone un'estetica del dolore. Naturalmente il reporter non può (non dovrebbe) censurare e quindi fotografa quello che succede secondo la sua visione, ma non sono certo che mostrare cadaveri a profusione sia efficace ai fini di smuovere le coscienze. Piuttosto le anestetizza, le abitua alla sofferenza (altrui), forse però è questo che il pubblico ricerca. Ci sono lavori con migliore equilibrio e sono quelli che (mi) piacciono di più, per esempio Destino Final di Giancarlo Ceraudo. L'autore ha lavorato sulla vicenda dei desaparecidos e trovato preziosi documenti serviti per rintracciare i mezzi e successivamente anche alcuni autori di quei crimini. Oppure Landmine Detection dove si racconta come inaspettatamente l'aiuto per sminare vasti territori arriva da grossi topi, gli herorats, capaci di fiutare gli eplosivi e molto più efficaci (e anche simpatici in fondo) dei detector elettronici. Il livello del Festival è comunque molto alto, probabilmente uno dei migliori come organizzazione e qualità delle esposizioni. Ormai è un appuntamento imperdibile per chi ama il mondo della fotografia. Al termine di una bella giornata mi chiedo a quali conclusioni arriveranno i due scienziati che idealmente hanno visitato l'ottava edizioni di Fotografia Etica con noi. La prima che festival come quello di Lodi ormai sostituiscono completamente i giornali ed i magazine che nei decenni scorsi erano il normale bacino di destinazione di questi reportage e che erano anche un filtro verso i lettori. La seconda che probabilmente l'esperimento Biosfera Uno si avvia alla conclusione, noi uomini siamo impegnati con profitto e impegno a tagliare il ramo sul quale stiamo seduti. Etica e morale sono parole ormai svuotate del loro significato? Se ne dibatte da sempre in fotografia e in tutti gli altri ambiti del pensiero e del vivere. «Il primo passo nell'evoluzione dell'etica è un senso di solidarietà con altri esseri umani. » (Albert Schweitzer) E noi corriamo a passo di gambero.
riferimenti web: Festival della Fotografia Etica - Lodi 7/29 ottobre 2017 post: Corrado Pini Tutti quelli che pretendono di insegnare come si diventa famosi e ricchi sono concordi su un punto: è necessario specializzarsi. Diventa bravo, il migliore nel tuo angolo di attività e avrai più probabilità di successo. Aristos Triantafillou la pensa in modo diverso, la sua fotografia spazia da quella naturalistica al ritratto, dalla street al nudo e ultimamente alla moda e fashion. Essere eclettico e polivanente gli permette di non annoiarsi evitando la routine, e poi funziona perchè riesce ad ottenere numerose soddisfazioni. Aristos si racconta nella serata di Parmafotografica dedicata agli autori, nasce a Rodi da madre tedesca e padre greco, arriva in Italia per studiare ingegneria meccanica e poi rimane a lavorare. La mescolanza di culture e modi di vivere e pensare è premessa di ottimi sviluppi e inoltre la professione gli permette di viaggiare e di coniugare lavoro con la passione per le immagini. E' il nonno paterno che lo inizia giovanissimo alla fotografia portandolo a riprendere natura e animali nella foresta nera. Il nonno, soldato durante la seconda guerra mondiale riuscì a riportare a casa alcuni rullini ed Aristos è impegnato oggi a recuperare quei negativi di grande interesse storico e familiare. Dopo qualche anno perde interesse ma lo riacquista con l'avvento del digitale che abbraccia da subito. Decide di ricominciare da capo e frequenta un'importante Accademia di Milano la John Caverdash Photography School ed ha come insegnante Sandro Iovine che ha grande influenza sulla sua formazione. Riesce a pubblicare poco dopo il diploma, mostrando anche capacità imprenditoriali, il suo primo libro "Vado a volare" che ottiene successo e ottime recensioni. Successivamente è la volta di "L'arte dei nobili" sul mondo del pugilato e "Mamma mia", un libro di cucina pubbicato in più lingue che contribuisce ad illustrare. Oltre ai libri fotografici tiene numerose mostre principalmente in Italia e in Grecia.
Oggi a Parma è rappresentato dalla galleria d'arte Fogg che ha aperto l'attività con una sua esposizione di nudo, scelta rischiosa ma che ha pagato. Mentre parla, Aristos ci mostra prima alcune stampe digitali che ha prodotto in proprio e poi le sue fotografie in proiezione. La prima che gli ha dato notorietà, quella del trampolino a Rodi, quelle scattate dal taxi al Cairo, quelle di nudo sul terrazzo (con modelle del gruppo Suicide girls) pubblicate anche sul quotidiano cittadino, le ultime di moda con modelle professioniste. Dalla serata esce il ritratto di una persona che col lavoro, lo studio, l'esperienza e ottime capacità di relazione riesce ad ottenere successo con la fotografia che rimane la sua passione. Il giorno successivo alla serata ho letto un commento di Stefano, un amico di Parmafotografica che mi sembra perfettamente centrato sulla persona di Aristos Triantafillou: "...non esiste la mancanza di tempo, bensì la mancanza di interesse, perché quando una persona vuole davvero, ogni giorno, ogni ora, ogni secondo si trasforma in opportunità". Proprio così. riferimento web: arisarte.wordpress.com/ post: Corrado Pini Tutti i giorni osservando il fiume digitale che scorre nei circuiti social che vanno per la maggiore, si notano immagini che ritraggono belle e giovani fanciulle; di norma sotto al post ci sono sempre tanti like che fanno la felicità del fotografo e della modella. Attenzione però a distinguere: si tratta di una bella foto o della fotografia di un bel soggetto? Spesso le due cose vengono confuse. D'altra parte è più facile realizzare una bella e buona foto se hai a disposizione una graziosa modella, metà lavoro è già fatto. Al fotografo piace sentirsi dire che scatta non soltanto belle immagini, ma soprattutto buone immagini. Lo sentiamo spesso affermare da autori come Scianna e Gardin, come non crederci? Più difficile quando come soggetto ti scegli un particolare tipo di spazzatura, la plastica. Il nostro socio Guglielmo Pessina dopo aver esplorato il mondo dei residui di lavorazione dei metalli, proprio della plastica si è occupato. E' pur vero che in quel tipo di materiale possiamo trovare tanti colori e forme ma non è facile realizzare fotografie che si differenziano dalla banale ripresa dei cassonetti e dei sacchi per le strade. Il portfolio "Un pianeta di plastica" è composto da dieci fotografie che puntano alla denuncia piuttosto che alla pura estetica. In una prima parte Guglielmo esplora il modo in cui i residui di plastica che sfuggono al riciclo arrivano in mare attraversando laghi e fiumi. Successivamente le microparticelle sminuzzate dall'azione dell'erosione finiscono addirittura nel ciclo alimentare e nel nostro cibo. Il concetto viene rappresentato da fotografie con soggetto frutti di mare che più di altri animali filtrano l'acqua e quindi sono più soggetti all'inquinamento. L'artificio tecnico per rendere al meglio l'idea della "plastificazione" del mondo è un filtro disponibile in un programma di sviluppo digitale che simula un film di cellophane posato sulla fotografia. L'ultima immagine però è quella di un bimbo che gioca sorridente sulla spiaggia, c'è quindi un futuro più pulito davanti a noi, oppure siamo come la cicala che sciala non rendendosi conto che sta preparando la rovina dell'ambiente in cui vive?
Se dopo questa serata continuate a pensare che la scelta tematica di denuncia di Gugliemo Pessina sia stata coraggiosa ma esagerata, date un'occhiata alla sequenza nella pagina Le foto spazzatura che ci piacciono, del National Geographic Italia.
Un altro lavoro interessante ed illuminante lo potete trovare seguendo QUESTO LINK che conduce al sito Greenme.it, sono fotografie che ognuno di noi potrebbe fare a casa propria, moltiplicate per milioni di case e avrete un'idea precisa della massa enorme di residui con la quale abbiamo a che fare. Meno ottimisti ora? La plastica ogni giorno di più riempie l'ambiente in cui viviamo, la troviamo in alta montagna, nelle fosse oceaniche, sulle spiagge degli scogli più remoti, nello stomaco degli animali. Micro-fibre le assumiamo con gli alimenti e l'acqua, la plastica diventerà letteralmente parte di noi, dovremo anche imparare a fotografarla, perchè "clonarla" via dalla nostre immagini, non è la soluzione. post: Corrado Pini L'area che oggi è occupata da Piazza Ghiaia si formò nel 1177 dopo che la Parma, già allora "voladora" uscì dagli argini e deviò il suo corso lasciandosi alle spalle un'ampia zona ghiaiata. Espandendosi, la città assorbì quel terreno che divenne per secoli luogo di scambio del bestiame e poi mercato. Certamente Giuseppe Verdi ebbe occasione di visitare la Ghiaia anche se non era quella di oggi. Comunque possiamo dire che anche questa è un luogo verdiano. Proprio in Ghiaia, domenica otto ottobre scorso in una bella e calda giornata, Ascom ha organizzato alcuni eventi nell'ambito della festa "Nei dintorni di Verdi" per rendere omaggio al celebre bussetano. Uno di questi riguardava Parmafotografica: "I luoghi del Maestro", tema di una serie di fotografie realizzate da Rodolfo Cervi, Maurizio Berni e Raffaele Di Pasquale, storici soci del nostro Circolo. Parma e l'opera lirica sono indissolubilmente legate attraverso Giuseppe Verdi e a Parma il nome del Cigno di Busseto è sempre presente nella cultura della città.
In questi giorni se ne parla anche sui giornali nazionali perchè presto verrà messo in vendita del materiale prezioso come spartiti, lettere autografe e fotografie. A fine mese infatti, i cimeli del Maestro andranno all'asta a Londra e per il loro valore storico e culturale speriamo che possano tornare in Italia. In attesa di conoscere meglio quel prezioso materiale, anche fotografico, accontentiamoci di tutto quello che abbiamo nella nostra città e non è certo poco. post di Corrado Pini Nel tradizionale giovedì di Parmafotografica dedicato all'incontro con l'autore ci è venuto a trovare l'amico Gabriele Pinardi. Questa volta oltre ad uno dei suoi audiovisivi ci propone un portfolio fotografico: "Concettuale in raw". Nello statement di presentazione dell'opera dichiara:
Effettivamente per chi è fotografo essere messo a conoscenza del gran lavoro fatto prima dello scatto fa guardare alle immagini con maggiore ammirazione per la meticolosa cura dei particolari. Per quanto riguarda invece il messaggio, non importa come è stata realizzata la foto ma piuttosto quello che comunica, così come non importa se un testo è stato scritto a mano, con una Lettera 22 oppure in videoscrittura. L'idea di occuparsi del problema della produzione dei rifiuti e del loro smaltimento è stata realizzata con originalità, ogni oggetto trovato in alcune discariche abusive, ogni cosa consumata e gettata, ha alle spalle una storia legata al suo utilizzo e alla persona che l'ha adoperata. Pinardi ci propone la sua interpretazione e contemporaneamente lascia allo spettatore la libertà di vedere altre storie, ognuno secondo la propria sensibilità, perchè le sue belle immagini sono ambigue ed enigmatiche. Ricordo una serie TV nella quale la protagonista toccando un oggetto poteva rivivere alcuni momenti di chi l'aveva posseduto, cosa molto utile per risolvere misteri. Nel nostro caso invece chi "tocca" con l'occhio le immagini di Pinardi può inventarsi una propria, originale storia. Personalmente in "Concettuale in raw" ci leggo la forza della natura che lentamente si riappropria di spazi momentaneamente predati dall'uomo.
L'inquinamento estremo potrà cambiare l'ambiente a tutto danno dell'uomo e della sua presunta civiltà, ma la vita sopravviverà sempre perchè l'adattamento al mutamento è connaturato nella Natura stessa, agisce costantemente ed è impossibile da arrestare. La seconda proposta presentata è stato l'audiovisivo "Falling down" che riprende alcune parti di un lavoro antecedente che non aveva visto la luce ed è ricco come sempre Pinardi ci ha abituato, di soluzioni tecniche innovative e fantasiose in fase di allestimento del set e in fase di montaggio. Si tratta di una vicenda che si svolge nella mente di un uomo che dopo aver perso i familiari, attraverso un percorso tutto interiore riesce drammaticamente a capire che il responsabile è lui stesso. L'argomento è quello, oggi particolarmente di attualità, del femminicidio e della violenza di genere. "Falling down" verrà presentato in un importante concorso nazionale e naturalmente facciamo il tifo perchè venga premiato come merita e come è già successo a numerosi altri audiovisivi di un autore affermato e capace come Gabriele Pinardi. post: Corrado Pini Nella serata del 21 settembre ultimo giorno di una caldissima estate, Parmafotografica ospita nel suo classico incontro del giovedì, gli amici di Bottega Photographica, di Boretto. Gli autori intervenuti col presidente del circolo Monica Benassi sono Roberto Telloni, Andrea Zanetti, Manuela e Marco Marasi. Il tema comune di tutti i lavori presentati è stato "Capolinea", proposto ai circoli affiliati nel 2017 da FIAF. Non è mai facile interpretare argomenti così ampi, si rischia di essere banali o superficiali e cadere nello stereotipo. Il lavoro più importante infatti è ricercare spunti originali. Ci racconta Monica Benassi che in quel senso, è stato importante saper ben lavorare all'interno dei laboratori tematici FIAF. Durante le riunioni buone idee sono venute e galla e sono servite agli autori per produrre lavori intimi e personali, concettuali e comunque vivaci e ben realizzati. Consideriamo anche come valore aggiunto, che alcuni dei giovani fotografi sono alla prima eperienza nella produzione di serie fotografiche organizzate. Bottega Photographica ha dedicato una pagina del suo bel sito alla serata. La potete visitare QUI I temi dei lavori presentati sono il cambiamento e la nostalgia del passato, la ripetitività dei gesti quotidiani (anche alcune sceneggiature cinematografiche hanno portato all'estremo il concetto).
Poi la finzione e la maschera con la quale ci si presenta al mondo, sempre più difficile da sostenere. Il triste e anche pericoloso svanire delle tradizioni e i colpi che la vita distribuisce a piene mani. Tutto questo all'interno del raccoglitore "Capolinea" che sarà il concept del prossimo Colorno Photo Life, festival di cultura e fotografia del prossimo novembre, tutto da vedere. post di Corrado Pini
Dopo le brevi introduzioni tenute dal primo cittadino di Boretto e dal curatore Sandro Parmiggiani, Farri inizia il suo intervento chiedendo scusa per non potere alzarsi in piedi, l'età pretende un tributo. Se il corpo è debole, la mente è lucida e in pochi minuti, con alcuni aneddoti fa capire agli intervenuti come era il mondo della fotografia cinquanta e più anni fa. Il suggerimento che si sente di dare ai giovani, dall'alto della sua esperienza invece non è mai cambiato: cercate la luce, che è tutto in fotografia. A chi chiede come riconoscerla e sfruttarla al meglio Farri consiglia di studiare due autori, Caravaggio per capire la luce negli ambienti chiusi e Giovanni Segantini per i paesaggi. E se questo ancora non basta: "vendete la macchina fotografica" scherza (ma non troppo...). Farri è uomo di una volta, solide convinzioni rafforzate dall'esperienza e carattere ben deciso che l'età pare non aver scalfito. Dice: "Se scatto una foto che scopro non piacermi, la strappo, e se piace agli altri, la strappo lo stesso!" E' legato a Boretto da quando arrivava il bicicletta o in treno (lui è di Bibbiano), la stazione è di fronte al fiume e appena sceso dal vagone poteva iniziare a fare foto senza perdere tempo. La sua fotografia tiene sempre in conto il rapporto dell'uomo col fiume e l'ambiente, vuole documentare e tenere ricordo delle cose. Al sindaco che ha in programma di rinnovare una piazza consiglia di fotografarla in tutti i particolari, perchè la memoria venga conservata.
Per questo motivo documentare e ricordare ciò che cambia è importante ed è ciò che ha fatto Stanislao Farri e che continua a fare a novantadue anni.
La fotografia è la sua passione, probabilmente il suo elisir di lunga vita e lo dimostra al termine dell'incontro fermandosi lungamente ad autografare i cataloghi con una bella e moderna calligrafia, però come si faceva una volta, prima il cognome e poi il nome: Farri Stanislao. post di Corrado Pini |
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Aprile 2024
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